“Non ammiro Marc Marquez. Ci sono aspetti del suo fare che non mi piacciono. Rispetto di sicuro. È bravissimo. È irraggiungibile? Niente affatto” – A parlare è Franco Morbidelli, nell’intervista rilasciata a Giorgio Terruzzi per il Corriere della Sera. Il pilota italobrasiliano sceglie la via della schiettezza e non usa particolare diplomazia, è fermo nel suo giudizio e, comunque, ammette: “Marquez è un padrone assoluto”. Non lo considera imbattibile, non lo ammira, ma riconosce che in questo momento è in assoluto il più forte e quello capace di dominare l’intero ambiente della MotoGp anche solo da un punto di vista psicologico. Non una sudditanza, ma un enorme rispetto da parte degli altri piloti che, trovandosene privati in pista in seguito all’infortunio, hanno quasi messo via la timidezza di mostrare le cose migliori. “La sua assenza – ha infatti proseguito Morbidelli riferendosi a Marc Marquez - ha dato fiducia a tutti. Ha sparso coraggio. Questo comporta lottare tra piloti mossi da volontà e ambizione in un contesto più aperto dove ogni errore pesa. Passi dal primo all’ottavo posto in un istante”.
Nell’intervista affidata alla penna di Giorgio Terruzzi, Franco Morbidelli (furia da MotoGp e tenerezza dell’anima – nella pazzesca definizione del maestro milanese) ripercorre le tappe della sua carriera e, inevitabilmente, anche quelle dalla sua vita. Una storia incredibile, la sua, che noi di MOW vi avevamo già raccontato qui e che, ora, si arricchisce però del racconto del giovane pilota italo-brasiliano. “Quando mio padre è morto, Valentino mi chiuse in una stanza, dicendo che se avessi avuto bisogno di qualcosa lui avrebbe provveduto”. Quello, probabilmente, è anche il giorno in cui ha preso realmente avvio un progetto: la VR46 Riders Academy. Perché proprio Franco Morbidelli fu il primo pilota a sottoscrivere un accordo con la “scuola” voluta da Valentino Rossi e fu proprio quella struttura a trovare per Franco Morbidelli una sella nel motomondiale, in Moto2. “All’inizio – ha poi raccontato l’italobrasiliano in un’altra intervista – ho sofferto tantissimo, perché venendo dalle moto di serie non avevo alcuni movimenti che invece con i prototipi sono fondamentali. Ho imparato a mettermi in carena, ad esempio, nel mondiale di Moto2, prima non lo facevo”. Ma, evidentemente, ha imparato bene, visto che appena un paio d’anni dopo era campione del mondo di quella categoria, con Valentino Rossi lì ad abbracciarlo, prima di accoglierlo la stagione successiva come rivale in MotoGP. Fino al sogno, comune per entrambi, di diventare compagni di squadra, per darsele di santa ragione in pista proprio come i sabato al Ranch, senza esclusione di colpi, ma in nome di un rapporto che è praticamente fraterno. Anzi, non fraterno, ma “zio e nipote”, come dice lo stesso Morbidelli (anche se Valentino non sarà contento per via della sottolineatura anagrafica): “Vale è più uno zio. La persona che più ammiro e alla quale devo tantissimo. Mi ha insegnato, aiutato, ispirato. Lui e Carlo Casabianca, preparatore atletico. Forse Carlo ha svolto una funzione paterna. Poi c’è Francesca, la mia morosa. Eravamo a scuola insieme, mi accompagna con amore, senza paura. Le donne sono più forti di noi”.
Se siete arrivati fino a qui seguiteci anche su Facebook e su Instagram