Ma quanta potenza c’è in un abbraccio? E quanta bellezza c’è nella semplicità? È quello che ci siamo chiesti dopo l’impresa di Franco Morbidelli a Brno, dopo il traguardo, dopo le immagini diventate immediatamente virali di Valentino Rossi che scende dalla sua M1 ufficiale per andare a coccolarsi l’allievo preferito, e dopo la dichiarazione dello stesso Franco: “Avevo promesso di farmi le treccine se fossi andato a podio. Lo farò, ma sarà mia mamma a farle, lei fa la parrucchiera”. Un abbraccio che si è ripetuto oggi, a Misano, dove Franco Morbidelli ha conseguito la sua prima vittoria in carriera, davanti a uno strepitoso Pecco Bagnaniaia e dopo aver lottato per molti giri proprio con Valentino. Una carriera che giunge, così, a un nuovo traguardo, un nuovo tassello di una storia straordinaria. Perché il Morbido è un altro di quelli (insieme a Danilo Petrucci) che, come dice lui, “viene dalla Serie B”. Uno che ha passato in staccata anche il destino. A gas aperto sulle avversità e frenando più forte, frenando dopo: buttandosi dentro a denti stretti. Nonostante la vita avesse provato anche a toglierglieli i denti. Perché se la tua famiglia parte da Roma, mollando tutto per farti crescere in terra marchignola (lì tra le Marche e la Romagna, in quella terra di motori che alleva campioni) quando sei un ragazzino con un gran manico sulle minimoto e se quella famiglia si vede privata, sul più bello, del pilastro più importante, la tua storia di giovane pilota può anche interrompersi. E prendere chissà quale piega. Invece Franco Morbidelli il destino l’ha piegato continuando a piegare le moto. Fino a farsi volere bene e aiutare dai mostri sacri della motorvalley, fino all’Academy e a quel rapporto quasi di sangue con Valentino Rossi, fino al tetto del mondo in Moto2, fino alla MotoGP e al podio di domenica che ha il sapore di un preludio. Di lui si sa poco fuori dalla vita sportiva, se non che due donne sono il suo centro: mamma Cristina (in uno dei video sotto la bellissima intervista realizzata dal giornalista Maurizio Bruscolini all’indomani della vittoria del Mondiale di Moto2) e la fidanzata Francesca Sutera (una che non ama minimamente la luce dei riflettori, i follower e tutto quello che generalmente ruota intorno alle compagne dei piloti).
Da Roma a Babbucce: sulla Vittorazi a nove mesi
Livio Morbidelli era un meccanico, con una officina a Roma e un passato di discreti successi nelle corse. Aveva comprato una Vittorazi (la mitica minimoto made in Marche su cui hanno mosso i primi passi tutti i campioni della MotoGP) per un nipote che, però, appena ci saliva sopra scoppiava a piangere. Così quel piccolo bolide bianco era finito in casa, sopra ad un armadio, come complemento d’arredo per uno che mangiava pane e motori e che aveva scelto come compagna di vita una ragazza brasiliana di nome Cristina. Franco è stato il figlio di quell’amore e quando aveva solo nove mesi ha indicato quell’armadio, dicendo la sua prima parola: “moto”. La seconda, racconta mamma Cristina, è stata “babbo”. Non stava in piedi, Morbidelli, e già giocava con una Vittorazi. Tempo pochi mesi, un annetto circa, e quella Vittorazi era stata totalmente modificata da Livio, smorzata nella potenza e pronta per finire tra le mani di Franco che a due anni (meno, per la verità) ha iniziato a dare gas. Il resto è la solita trafila: i pistini, qualche giro col cronometro in mano e le prime garette. Fino alla consapevolezza che quel bambino aveva un gran talento. Ma le risorse economiche erano quelle che erano e la geografia non aiutava. Roma non è certo terra di motorsport. Bisognava far crescere quel figlio dove si respira ogni giorno odore di benzina e di bagarre. Così, dopo aver venduto casa e officina, la famiglia si è trasferita a Babucce, un paesino dalle parti di Tavullia. Lì, tra Pesaro e Misano adriatico, c’erano gli amici delle corse di Livio, c’era il mago Guido Mancini (l’uomo che ha allevato i più forti), c’era quel matto di Graziano Rossi, c'erano quelli che avrebbero potuto dare una mano, giornalisti compresi. Insomma, c’era tutto. Tranne i soldi. Ma quelli in qualche modo si trovano, se sei bravo e vinci, alle corse riesci ad andarci grazie anche all’aiuto di un sacco di gente e, se ne hai più di altri, le coppe e i trofei te li porti a casa anche se i tuoi mezzi sono più limitati. Per Franco Morbidelli è stato così.
Da Babbucce a Tavullia: il prediletto di Vale
La strada dalla frazione al paese è poca, pochissima. Quattro chilometri al massimo. Ma segnano una svolta. Perché Franco Morbidelli nel frattempo si è fatto notare nelle categorie cosiddette “minori”. I soldi non ci sono e dopo mesi di vittorie in Spagna, alla corte di Campinoti e Pramac, lo stop. Fine dei giochi. “È lì che ho capito quanto fossero importanti per me le moto – ha raccontato Franco in una intervista – Prima erano solo un divertimento, qualcosa che mi riusciva bene. Quando ho dovuto fermarmi ho invece capito che volevo fare il pilota”. Nessuna resa, quindi, ma solo un ripiego dopo la paura di dover smettere: la Stock600 costa molto meno e con l’aiuto di tanti diventa la strada giusta. Pilota moto da 600cc nonostante la giovanissima età: babbo Livio e i tanti amici della motorvalley hanno tirato su un ragazzo di buone speranze, uno che porta in pista il suo sangue mezzo italiano e mezzo brasiliano. È il 2011. Sull’italo brasiliano di Babbucce ci hanno messo gli occhi in parecchi, compreso il Team Italia. È il 2013. Nel mezzo, l’incontro con Valentino Rossi. La prima volta a casa di Luca Marini, con Morbidelli che aveva un braccio rotto in seguito ad una caduta in gara. “Valentino mi si avvicina, mi tocca su una spalla e mi dice di non preoccuparmi, che sono cose che succedono per chi vuole fare il pilota", ha raccontato in un’altra intervista. "Stavo per avere un infarto a soli nove anni. Un’emozione incontenibile. Quello che mi stava consolando era il mio idolo”. Poi, la seconda volta, a tredici anni: “Fui invitato alla cava (l’antenata del Ranch, nda), lui aveva un antipioggia di un colore assurdo – dice ancora Morbidelli – Mi sorpassò e caddi dall’emozione: Valentino Rossi, una leggenda che avrebbe potuto permettersi di tutto e darsi ogni tipo di arie, stava lì a divertirsi con un ragazzino di tredici anni in moto e con addosso con un keeway improponibile. Come facevo a non cadere dall’emozione quando mi ha passato? Il giorno dopo comprai un antipioggia simile anche io”.
Il 2013: il peggio e il meglio
“Quando mio padre ha compiuto il gesto mamma ed io abbiamo dovuto imparare a farcela da soli! Non mi sono chiesto perché lo ha fatto, c’era solo da non lasciarsi rovinare da quell’atroce sofferenza e da quel terribile vuoto. Tra mille difficoltà”. Andare a capo, per dirla con la grammatica, mettersi a capo della propria vita per dirla con la filosofia. C’era il Team Italia nel destino di Franco Morbidelli con una Kawasaki che avrebbe potuto metterlo in condizioni di vincere il campionato europeo. C’era il motorsport come appiglio a cui aggrapparsi per credere ancora nel futuro e per realizzare un sogno che fino a quel punto era stato di due, un padre e un figlio, e che adesso andava portato avanti in solitaria. C’era Babbucce, la Motorvalley e i tanti amici di Livio. E c’è stato il terzo (in termini di importanza, visto che nel frattempo era nata una amicizia) incontro con Valentino Rossi. “Quando è accaduto quello che è accaduto, Valentino mi ha invitato a pranzo nella sua pizzeria di Tavullia. Mi ha detto ‘a te ci penso io, voglio seguirti e provare a portarti in Moto2’ e io ho risposto con un sorriso di gratitudine e basta”. È così, con Franco Morbidelli primo pilota a sottoscrivere un accordo formale, che è nata la VR46 Accademy. Intanto, sempre nel 2013, quella Kawasaki del Team Italia si rivela realmente competitiva e Franco Morbidelli conquista il titolo europeo. Trasformando il dolore e la rabbia in determinazione e orgoglio. Con i piedi per terra e gli occhi, a quel punto, fissi al cielo e al futuro.
La Moto2, il Mondiale e la MotoGP
Il 2014 è l’anno dell’approdo nel Mondiale di Moto2. Il team è uno dei migliori per un rookie, l’Italtrans Racing (quello per cui oggi corre Enea Bastianini e che ne ha segnato la rinascita). Le cose vanno bene, ma si vede che Morbidelli non ha fatto la Moto3. Ha difficoltà anche solo a mettersi in carena in moto, perché nella stock600 sul dritto non c’era bisogno di mettersi giù. Invece in Moto2 conta e conta anche tanto. Piccole cose così che, però, lo costringono a ricominciare da capo, a rivedere la sua tecnica, a rimettere in discussioni certezze acquisite e che, invece, nella motoGP non valgono. Lo fa, va anche a punti e l’anno successivo arriva il primo podio anche in Moto2 a Indianapolis, aprendosi la strada per il team più blasonato di quella categoria: Marc VDS Racing. Come compagno di squadra ha Alex Marquez, uno ingombrante per il cognome che porta, ma con cui comunque riesce ad avere un buon rapporto. Va anche forte, Morbidelli, partendo alla grande e conquistando podi. Ma la vittoria manca e nella seconda metà di stagione ha un calo che lo fa chiudere solo quarto in un mondiale che poteva anche vincere. Lo fa, comunque, l’anno successivo, vincendo 4 delle prime 5 gare e ipotecando da subito il titolo. Sbagliando pochissimo durante la stagione e passando il traguardo al secondo posto nell’ultima gara di Valencia, quando era già campione del mondo. Ad attenderlo, sotto quel traguardo, anche Valentino Rossi. Per un abbraccio che è tornato alla mente dopo il traguardo di Brno. Il resto, quello che sta tra i due abbracci, è storia nota e recente: la MotoGP, il primo anno in Honda e poi l’ingaggio in Yamaha Petronas. La moto con cui ha conquistato il primo podio in MotoGP e ora la sua prima vittoria, il box che l’anno prossimo dividerà con Valentino Rossi. “Lo vedo quasi tutti i giorni – ha raccontato Morbidelli – Ma se penso che sarà il mio compagno di squadra in MotoGP mi scoppia il cuore”