“Fino a dopo la prima gara avevo dei dubbi. Tutti però mi ripetevano che si sarebbe ripreso e lo ha fatto. Mi ha sorpreso molto, a maggior ragione viste le condizioni in cui si è corso” – lo ha detto Razlan Razali, patron del Petronas Sepang Racing Team commentando la prestazione di Valentino Rossi dopo il GP di Andalusia. Parole che da una parte fanno onore al campione di Tavullia e anche al manager del team malese, capace di riconoscere le sue umane perplessità, ma da un altro l’alto suonano - almeno in parte - come una presa per i fondelli bella e buona. Eh già perché Razali ha proseguito così: “Avevo dubbi sull’opportunità di far arrivare Rossi in Petronas perché non vogliamo conquistare la popolarità grazie a lui".
Nel motociclismo, almeno per quanto riguarda i ruoli dirigenziali, ci sono generalmente due categorie di persone: quelle che provengono dal mondo moto e quelle che provengono dal mondo finanza. Se qualcuno che proviene dal mondo moto e più specificatamente dalle corse avesse espresso perplessità su Valentino Rossi e i suoi risultati meramente sportivi non ci saremmo stupiti. È chiaro che il 46 ha la sua età, non potrà tornare ai livelli di quando aveva vent’anni ed è chiaro anche, al netto del tifo e dell’affetto, che le possibilità di vederlo sul tetto del mondo a conquistare il decimo sono poche. Ma che un uomo che proviene dalla parte finanza/marketing possa ammettere candidamente di aver avuto dubbi sull’operazione Valentino Rossi è oggettivamente sconvolgente. E ancora di più è sconvolgente sentirgli dire che il blasone e la popolarità di Rossi rappresentano quasi il problema. Insomma, Razali c’è sembrato uno di quelli che con gli occhi fissi sulle tette di una donna, mentre la spogliano con lo sguardo, si dicono interessati alla bellezza interiore e alla simpatia. E su, dai!
Perché, diciamolo chiaramente, fino a quando non si è cominciato a parlare di Rossi in Petronas solo gli addetti ai lavori sapevano chi fosse Razlan Razali ed erano in grado di associare il suo nome al suo volto. In estrema sintesi: Razali è un personaggio mediatico dal giorno dopo in cui si è parlato dell’arrivo di Vale in Petronas. Prima era solo un manager. Ottimo, bravissimo, capace di creare e poi portare il team ai massimi livelli e di mettere le mani sull’unico anti-Marquez in circolazione (Fabio Quartararo), ma comunque un manager.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche un manager che proviene dal “lato finanza” possa avere ambizione a vincere. E non fa una piega. Ma un team privato quel tipo di ambizioni, ammesso che le coltivi, le tiene sempre in secondo piano rispetto ai risultati economici. Perché mantenere un team e una squadra corse nella MotoGP di oggi non è uno scherzo e sulla bilancia costi e ricavi devono avere valori ben precisi. Altrimenti, come dice il detto popolare, si finisce col “fare l’arte per rimettere”, cosa che non piace a nessuno. Se il tuo pilota si chiama Valentino Rossi puoi anche permetterti di non vincere (perché i team privati non vincono i mondiali e non sarebbe quindi una assurdità) e di lasciar andare senza troppi rimpianti il più futuribile Quartararo. Questo Razlan Razali lo sà benissimo.
Ci viene il dubbio, allora, che Razali possa avere, in qualche misura, una certa difficoltà nel gestire al meglio questa nuova popolarità - questo finire sui giornali di tutto il mondo un giorno sì e l’altro pure in qualità di “coofirmatario del contratto di Vale”. L'impressione è che il manager malese si senta ormai caricato della resposnabilità di dover sempre dire qualcosa di particolarmente brillante, qualcosa che mantenga accese su di lui le luci della ribalta. Anche quando non ha nulla da dire. Un sospetto nato, in prima battuta, durante il lungo tira e molla che ha accompagnato il lockdown sul contratto di Rossi (in cui sembrava quasi che la popolarità del pilota desse fastidio) e che si è fatto via via più insistente fino all’uscita di domenica: “Sono sorpreso da Valentino Rossi, non ero convinto che prenderlo sarebbe stato un affare”. Possiamo concordare sul fatto che sul piano dei meri risultati sportivi l’operazione sarà una scommessa e che, quindi, non può essere denominata “affare”. Ma può esserlo su tutti gli altri piani: perché ovunque sta stampato un 46 giallo si fanno affari. #dormitranquillorazlan …e non fare finta di non saperlo!