Ce ne sono milioni di ragioni per cui se c’è un calciatore italiano paragonabile a Valentino Rossi quel calciatore è Roberto Baggio. Non è solo questione d’essere “numeri10” e nemmeno di aver vinto con più o meno tutte le maglie/tute indossate. E non è nemmeno per essersi caricati sulle spalle il tricolore del calcio/motociclismo italiano per tanti anni. Fino a diventare simboli e leggenda. Valentino Rossi oggi fa tornare di moda l’accostamento con Roberto Baggio per un’altra questione: le cose che non vanno in una squadra che ha il dovere (economico prima di tutto) di vincere.
Quando Roberto Baggio sembrava alla fine della sua parabola, quando i postumi degli infortuni e l’età sembravano suggerire di dover appendere le scarpette al chiodo, il divincodino giocò la carta del Bologna. Niente più Juve, Milan o Inter, paragonabili nel motociclismo ai così detti team factory, ma una piccola (e comunque gloriosa) squadra che avrebbe garantito l’ambiente necessario ad un campione più vicino alla fine che all’inizio della sua carriera. Stessa cosa Roby Baggio la fece anni dopo, tornando a Brescia con un sogno in tasca dopo aver riguadagnato sia la Nazionale sia l’Inter.
Quello, cioè, di tornare a vestire i panni della nazionale e partecipare al Mondiale del 2002. Lo stesso identico sogno che gli aveva fatto scegliere Bologna anni prima e che poi si realizzò. Nel calcio, come nel motociclismo, ci sono realtà in cui vincere è un dovere, in cui non c’è spazio per “aspettare un campione”, per cullarlo, coccolarlo, se serve, e seguirlo. C’è bisogno di un clima diverso, servono meno pressioni. E in quest’ottica anche le dichiarazioni del responsabile di Michelin, Taramasso, sono da tenere in considerazione: “Valentino Rossi deve cambiare stile di guida se vuole trovare feeling con la gomma posteriore”.
Parole che sono state riproposte in chiave di polemica, ma che probabilmente erano tutt’altro. È chiaro che non è solo una questione tra pneumatico e pilota e che tra pneumatico e pilota c’è di mezzo una moto che si chiama Yamaha. Quella moto, e quel team, hanno però la possibilità di mettersi lì e capire cosa non va? Provare soluzioni? Aggiustare il tiro rischiando di spendere risorse e energie? Magari finendo per perdere di vista le necessità di altri tre piloti (Quartararo, Vinales e Morbidelli) che invece riescono a portare a casa tempi differenti rispetto a quelli del campione di Tavullia?
È rispondendo a queste domande che c’è tornato in mente l’accostamento tra Valentino Rossi e Roberto Baggio. Ed è rispondendo a queste domande che la decisione di Yamaha di riservare un posto in Petronas per Valentino Rossi non c’è più sembrata lo sgarbo che invece c’era sembrato all’inizio. Il team malese potrebbe essere “il Bologna (o il Brescia) di Roby Baggio” per Valentino Rossi. Anche perché lì come compagno di squadra Valentino avrà quel Franco Morbidelli che per stile di guida e caratteristiche (non fisiche visto che il Morbido è di almeno 10 cm meno alto) gli somiglia tantissimo. La pressione sarebbe sicuramente inferiore rispetto a quella che si respira nel box di Monster Energy e proprio come nel Bologna di Baggio potrebbero crearsi le condizioni necessarie alla realizzazione di un sogno. Che magari non sarà quello di mettersi in tasca il decimo titolo, ma di vedere Valentino Rossi regalarci qualche altra impennata mentre passa ancora una volta per primo sotto il traguardo. Vedere, insomma, una leggenda valorizzata per quello che è e ascoltata da chi è chiamato a metterla nelle migliori condizioni. Andando a chiudere la carriera non più con quell’immagine triste, tristissima, di un pilota a testa piegata, sopra alla sua moto appoggiata ferma su una barriera a bordo pista.