“Scaldate i motori. Ci vediamo a Portimao”, un semplice post firmato Marc Marquez che suscita grande interesse e qualche domanda. La MotoGP ritrova il re indiscusso delle ultime stagioni e si chiede come stia davvero l’otto volte campione del mondo. Andrà subito forte, considerato il suo talento e la fame maturata in 217 giorni di assenza dalle corse, oppure sarà prudente? Che scenario troverà e come sono cambiati gli equilibri in questi nove mesi?
La storia del motociclismo è ricca di episodi simili. Nel 1982 il mitico Barry Sheene si fracassò le gambe a Silverstone finendo con la sua Yamaha 500 contro la moto del francese Patrick Igoa caduto poco prima e rimasto in mezzo alla pista. In quest'occasione, i chirurghi ricomposero i suoi arti con 27 viti, pregandolo di abbandonare le competizioni. L'inglese deciderà diversamente e conquisterà ancora un podio sotto la pioggia del Sud Africa nel 1984, ma non vincerà più. Diversa ancora la favola di Mick Doohan, che rischiò di perdere addirittura la gamba nell’incidente di Assen del 1992. Grazie al Dottor Costa, l’asso australiano tornò in pista e conquistò 5 titoli mondiali nella classe 500. Anche Franco Uncini fu costretto ad un recupero di nove mesi dopo il terribile incidente ad Assen nel 1983, quando era campione in carica classe 500. Oggi FIM Safety Officer, Franco ci aiuta a capire cosa frulla nella testa di un campione quando è abbattuto e costretto ad affrontare una lunga convalescenza, ma anche quale scenario troverà Marquez al suo rientro in Portogallo.
Alla luce della tua esperienza di pilota, come vedi il rientro di Marc Marquez dopo una sosta di nove mesi?
Sono sicuro che sarà pronto anche perché mi sembra che abbia sofferto abbastanza. È stato lui stesso a confessare che sarebbe tornato solo quando ci sarebbero state le condizioni ideali per cui sono convinto che ritroveremo il Marc fuoriclasse che conosciamo. Occorre poi fare una distinzione tra le prove e le gare. Lo vedo subito veloce in prova, mentre sulla distanza di gara è diverso. Bisogna considerare che le moto oggi sono così pesanti e violente da mettere a dura prova il fisico di qualsiasi pilota.
Lo vedi un candidato per la vittoria già a Portimao?
Non lo escludo, anche se secondo me le prime due gare serviranno per ritrovare il ritmo per poi tornare ad essere un candidato al titolo dalla terza gara.
In questi lunghi mesi avrà mai dubitato della sua competitività al ritorno?
Assolutamente no. Un pilota non dubita mai delle sue capacità. Anche nel mio caso, non ho mai dubitato anche quando non vedevo i miglioramenti. Il Dottor Costa mi spiegò: “è come un mosaico che viene sparpagliato per una botta violenta. Il recupero ci sarà, ma è lento perché non sappiamo quanti tasselli sono volati via”.
Orfana di Marquez, la Honda si è persa nelle retrovie. Questo può essere motivo di ulteriore pressione per lo spagnolo?
In questi anni Marc ha dimostrato di non soffrire la pressione, casomai la Honda è stata aiutata e viziata da lui, tanto che in sua assenza fatica a vincere.
Nel frattempo il panorama della MotoGP è cambiato. Che scenario trova lo spagnolo?
Il livello è altissimo, tanto che in Qatar abbiamo avuto 15 piloti racchiusi in 8 secondi. Una cosa pazzesca. Tutti i piloti sono molto preparati tanto che è difficile prevedere chi sarà il vincitore.
L’assenza di Marc ha permesso ad altri piloti vedi Joan Mir, Miguel Oliveira, Brad Binder o lo stesso Franco Morbidelli di andare a vincere. Questi risultati hanno contribuito alla loro crescita e adesso affrontano il mondiale con maggior determinazione.
Tutti i piloti si ritengono vincenti. È insito nella natura stessa del campione. Certo è che la mancanza di Marc ha dato modo ad altri piloti di vincere.
C’è una nuova generazione di grandissimi talenti che aspetta Marquez al varco. Stupito del podio di Jorge Martin alla sua seconda gara in MotoGP?
Assolutamente sì. È stato strepitoso vederlo in testa per così tanti giri. Non me lo sarei mai aspettato. Bravissimo!
Guardando alle prime due gare di Valentino Rossi, possiamo parlare di crisi?
Aspetterei a definirla tale. Valentino è sempre competitivo. È vero che alla seconda gara in Qatar è arrivato 16°, ma a 15 secondi, il che significa poco più di 6 decimi al giro sui 22 giri della gara. Quindi niente. Da lì a vincere manca poco e non mi sorprenderei di vederlo sul primo gradino del podio durante la stagione.
Quanto è difficile per un pilota decidere di smettere?
È una cosa che devi sentire dentro. Senza una forte motivazione non riesci a dire basta perché l’ambiente delle corse è come le sabbie mobili. Quando sei dentro, non riesci a venirne fuori. Quando non te la senti più e riesci ad allineare il cuore e la testa, allora puoi arrivare a prendere la decisione di smettere.
Il tuo caso fu diverso.
Sì, perché io mi sentivo competitivo e infatti al mio rientro fui subito veloce. Il problema fu la mancanza di una moto competitiva. Nel 1983, infatti, la Suzuki si era ritirata e così non veniva fatto sviluppo. Il team Gallina, per il quale correvo, aveva cercato di convincere i giapponesi, ma in realtà mancava il supporto. Non solo, nel 1983 la Suzuki era stata completamente rivoluzionata con un nuovo motore e cambi bestiali ed era inguidabile. Era stato sbagliato proprio il progetto. La versione 1984 era quella dell’83 rivista, ugualmente nel 1985. Così in mancanza di una moto competitiva e non avendo un manager che cercasse un’alternativa, alla fine decisi di smettere, memore anche dell’incidente di Assen.
Nessun rimpianto se guardi indietro?
Tornassi indietro forse non lo rifarei, anche perché vediamo quarantenni che corrono ancora e vanno forte. La cosa curiosa però è che io ero un grande fan di Jackie Stewart che si era ritirato a 30 anni. Quando hai 20 anni, quelli di 30 ti sembrano vecchi, per cui nel 1985, memore di Jackie Stewart, senza una moto veloce e consapevole del rischio che avevo corso ad Assen, presi il coraggio di smettere. Mi è costato tanto, ma sono felice di essere rimasto nell’ambiente. Mi piace troppo!
Tornando a Marquez, secondo te i medici hanno fatto un errore a dichiarare Marquez fit a pochi giorni dalla prima operazione?
Noi della Direzione Gara non entriamo in merito a questo aspetto che è puramente medico. La decisione viene presa dai Dottori della Dorna, Mir e Angel Chart, insieme ai medici del circuito. Non è stato fatto un errore, ma presa una decisione in base al risultato della visita a cui si è sottoposto Marc e alle radiografie del momento. Forse la frattura non sembrava così grave, ma sono due cose distinte con il calvario di Marc.
Cambierà qualcosa a livello di regolamento?
Non credo, anche perché la decisione ultima poi è del pilota. Solo lui può sapere come si sente e se può tornare in pista.
Infine, su chi scommetteresti per il titolo MotoGP 2021?
Oggi su nessuno. Questa è la bellezza del nostro sport, soprattutto quest’anno: tutti sono potenziali vincitori. Marc rimane comunque il pilota da battere.