“Non ho mai visto nessuno riuscire a frenare come Joan Mir, ha un modo tutto suo che gli permette di non perdere troppa velocità” – Sono parole di Frankie Carchedi. Non l’ultimo arrivato in MotoGP e nemmeno uno che non conosce i numeri (e i dati della telemetria) del pilota campione del mondo, visto che si tratta del suo capotecnico. E’, di fatto, la persona più vicina a Mir nel box ed ha un punto di vista differente rispetto a tutti gli altri. Perché Carchedi, pur riconoscendo che la costanza avuta da Mir nell’ultima stagione è stata sicuramente premiante, si dice convinto che la differenza l’abbia fatta la capacità di frenare più tardi e più forte di tutti gli altri.
“La qualità che lo separa da tutti gli altri è la frenata – ha spiegato l’italiano a Bike Sport News – Frena in una maniera unica, non ho mai visto niente di simile. È un'arte. È fondamentalmente la combinazione di freno anteriore e posteriore e come ferma la moto ed è in grado di aprire subito il gas. Il suo vero talento naturale è riuscire a frenare in quel modo".
Sicuramente ha influito anche la capacità di Suzuki di far lavorare al meglio gli pneumatici Michelin che, invece, hanno creato non pochi problemi a tutti gli altri, ma secondo il capotecnico di Mir alla base di tutto c’è una capacità che lo rende unico e che, di fatto, lascia ben sperare per il futuro. Un futuro in cui in pista ci sarà anche un certo Marc Marquez, capace di essere veloce ovunque e di puntare su una guida decisamente funambolica. “È un po’ ingiusto – ha proseguito Carchedi - dire che abbiamo puntato tutto sulla gestione delle gomme, perché quel risultato è figlio del fatto che quando vuole controllare le gomme, Joan Mir riesce comunque a frenare efficacemente, più tardi e più forte: significa che ha potuto essere non aggressivo all'inizio e, quindi, arrivare alla fine con più gomma”.
Un mix, dunque, tra talento e capacità di addolcire la moto per sfruttare al meglio gli pneumatici, a cui si è aggiunta l’altra arma in più: la costanza. Che non significa solo capitalizzare al meglio ogni gara, ma anche lavorare con un metodo preciso e sistematico. “Facciamo molte analisi dei dati –ha concluso il capotecnico – riusciamo quasi sempre a vedere e riconoscere il problema quando c’è ed è fantastico. Perchè quando guardi il computer e non vedi un problema, allora perdi la bussola e non sai cosa fare. Uno degli ambiti in cui è stato fatto molto lavoro, non solo per lui, ma per Suzuki in generale, come detto, è stato poi quello relativo alla gestione degli pneumatici. Un lavoro costante che si protrae dalla passata stagione e che abbiamo portato avanti nel 2020 durante ogni sessione, in ogni curva, utilizzando i dati precedenti dello stesso Joan Mir e quelli di Alex Rins”.