Voto 10 e Lode. Al circuito di Portimao. Ma quanto è figo? Su, giù, poi ancora su e ancora giù, frenatone da stomaco in gola e curvone da percorrenza infinito. Ormai di layout così ce ne sono pochi, anzi c’è quasi solo il Mugello, e quando capitano tracciati che seguono le linee naturali di una collina c’è sempre da divertirsi. Troppo piatto non ci piace, ma non fateci dire di più che poi quelli del politicamente corretto e le femministe si risentono. Vedere i piloti girare a Portimao fa venire voglia di provare a lanciarsi tra i cordoli anche a chi non ha mai chiuso una gomma. Portimaomeravigliao.
Voto 10. A Pecco Bagnaia. Avrebbe potuto gridare all’ingiustizia e, invece, ha mantenuto la calma, facendo notare che quella bandiera gialla lui non avrebbe potuto vederla, dato che il suo sguardo era chiaramente rivolto dalla parte opposta. Invece ha accettato l’errore, assumendosene pure le responsabilità. Il giorno dopo ha metabolizzato il fatto avverso, trasformandolo in gas e sul circuito di Portimao lo ha dato tutto. Attaccando fin quando ha potuto e difendendosi rabbiosamente nell’ultimo giro e mezzo. Riesce a sfruttare la Ducati senza stressare troppo le gomme (ci riusciva già lo scorso anno col quella del Team Pramac). Ogni scongiuro è d’obbligo, ma il sogno dell’italiano sull’italiana potrebbe non essere solo un sogno. #faccigoderepecco
Voto 9. A Alex Rins. Ma come: è caduto!?! Sì, è caduto, ma mentre ci stava provando in ogni modo. Avrebbe potuto accontentarsi della seconda piazza, che sicuramente gli avrebbe permesso di tornare da Portimao con una buona posizione nella classifica iridata, ma quelli che ci mettono il cuore fino a sbagliare, quelli che non si accontentano fino a farsi male ci piacciono troppo. Apparteniamo alla generazione che si è innamorata delle corse in moto ai tempi di un certo Kewin Schwantz, uno che, come cantava Battisti in quel capolavoro che si intitola Questione di Cellule, “o molto in alto, o sulla strada”. Se guidi una Suzuki dovrebbe essere un comandamento, proprio per rendere onore al mito assoluto del 34. C’ha provato, è andata male e va bene così. Perdere l’osso è meglio che mollarlo.
Voto 8. Al Sylvester Stallone di Portimao. Quella clip di Rocky Balboa, massacrato dall’avversario e con dolori anche alla punta dell’alluce, che ripete a raffica “non fa male, non fa male, non fa male” ha vissuto un remake sul circuito portoghese. Nel ruolo del pugile che prima incassa e poi reagisce un ottimo TakaaRocky Nakagami. Ha tirato una mina pazzesca in prova, senza rimediare fratture, ma con tanto dolore. Il sabato ha rinunciato alle qualifiche, perché neanche gli antidolorifici sembravano offrire sollievo. Poi, dopo un giorno di riposo, s’è presentato in griglia, nell’ultima casella. Ultimo e, come si dice a Roma, pure ‘mmostato! Ha fatto la sua corsa ed ha chiuso decimo. Adrianaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Voto 7. A Fabio Quartararo. Ha fatto quello che doveva fare: vincere! Ma questa volta mettendoci tanto del suo, perché in partenza è rimasto dietro e perché è tornato davanti strappando tempi impensabili in gara. Ha maggiore consapevolezza rispetto al passato e lo ha dimostrato anche dopo le qualifiche, ammettendo che lui non avrebbe mai avuto nel polso destro la possibilità di fare il tempo che aveva fatto Bagnaia. Emergono una maturità diversa e pure una capacità sorniona di prendersi la leadership nel box del Team Yamaha Monster Energy. Peccato per quel look che farebbe inorridire pure un trapper di borgata. Convincente (estetica esclusa).
Voto 6: Ad Aprilia. Meriterebbe di più, ma preferiamo tenerci bassi perché la fiducia va conquistata piano piano, ma continuando ad andare forte forte. Sembra un gioco di parole, ma non lo è. Aleix Espargarò sembra la bella copia di suo fratello, la moto finalmente è competitiva e, per stessa ammissione dei tecnici di Noale, ancora limitata nella potenza. Manca un test team e questa sicuramente è una colpa, perché tutto è sulle spalle del pilota spagnolo e Lorenzo Savadori (che comunque migliora sempre un po’) non ha la necessaria esperienza per pensare anche allo sviluppo della moto oltre che a farsi le ossa. Intanto, coi sorrisi regalati da questa prima parte di 2021 si lavora al 2022, col sogno Andrea Dovizioso. All’altra grande italiana della MotoGp può tornare utile la frase di un grande italiano del passato: il futuro è di chi sa immaginarlo.
Voto 5. A Marc Marquez, ma per colpa della media. Per lui e per quello che ha fatto a Portimao, arrivando al traguardo nonostante la sofferenza e mostrando anche il suo lato più umano, sarebbe stato un 10. Ma il massimo voto finisce per far media con quello sulla sincerità: 0. Siamo convinti, infatti, che non piangesse per la commozione del rientro dopo il lungo stop, ma per disperazione dopo essersi è reso conto di come gli hanno ridotto la sua Honda RC213V nei mesi in cui è dovuto restare a casa. Si fa per scherzare, ma quella Bradlizzata non è più la sua moto e dovranno restituirgliela prima possibile, perché non gli si possono chiedere troppi miracoli tutti insieme. Anche se si chiama Marc Marquez. Fenomeno su ronzinante, ma saprà mettere a posto le cose.
Voto 4. A Franco Morbidelli. Avrebbe meritato un otto per quanto mostrato in gara, ma aveva già rimediato uno 0 prima ancora di scendere in pista. Perché? Perché siamo curiosi come le bertucce, ma lui se ne è fregato restando vago sui problemi avuti in Qatar. Come se non bastasse ha ammesso che qualcuno ha commesso un grossolano errore umano a Losail, con tanto di sorrisetto da “io lo so e voi no”. Siamo offesi, Franco! Non si fa: diccelo pure a noi. In gara l’italobrasiliano s’è fatto perdonare, chiudendo quarto nonostante gli altri gli prendessero 30 metri in 60 di rettilineo. Omertoso, ma si vede la luce.
Voto 3. A Valentino Rossi. Il motivo è lo stesso dello scorso fine settimana: dovrebbe prendere a morsi pure l’aria e inveire in ogni lingua conosciuta. Invece si presenta ai microfoni sorridente, quasi zen. I tempi dicono che, senza la caduta, a Portimao avrebbe chiuso ottavo e sarebbe stato sicuramente tanto. Ma accontentarsi dei piccoli miglioramenti non basta. E non è vero che arrabbiarsi non serve a niente, come ha dichiarato nei giorni scorsi. Il fuoco negli occhi serve per lui e serve per tutti quelli che lo hanno amato e lo amano visceralmente. Va bene tutto: smettere, non smettere, cadere, arrivare dietro, soffrire, tranne la serafica accettazione. La serafica accettazione non va bene mai! Se questa è la maturità, non ci piace. Ti vogliamo guascone e rabbioso, Vale, daje!
Voto 2. Alla regia televisiva del GP di Portimao. E’ vero che in quel circuito ci sono molti punti ciechi, ma non ne hanno presa una. Magari bastava qualche telecamera in più o più riprese dall’alto. Sin dalle prove ci sono stati molti episodi colti troppo tardi. Le cadute di Nakagami e Martin ne sono un esempio e restano un mezzo mistero. Anche in gara le immagini sono arrivate tardi su Rins e solo in replay su Zarco e hanno totalmente ignorato gli incontri ravvicinati nelle retrovie tra i fratelli Marc /Alex e Valentino/Luca, che invece avrebbero potuto essere interessanti, o comunque curiosi, per lo spettacolo. Ok che le telecamere non fanno le curve e devono stare sulle lotte di vertice, ma arrivare sempre dopo non è bello, soprattutto quando si racconta uno sport dove arrivare prima, e primi, è tutto. Smarriti sui saliscendi di Portimao.
Voto 1. A Joan Mir, per le dichiarazioni del post qualifiche. Sarà che in questo momento storico c’è il sacrosanto odio sociale verso quelli che, affacciati alle finestre in puro godimento pandemico, passano le giornate a additare e segnalare i comportamenti sbagliati, ma quel “Marquez andava punito” non è proprio digeribile e offusca anche quanto di buono mostrato poi in gara. Sei il campione del mondo in carica, è normalissimo che uno come Marquez, che su quella pista non ha mai corso con una MotoGP, si metta proprio dietro a te per carpirti segreti e studiare le tue linee. Avrebbe dovuto sentirsi onorato, invece ha reagito come quei secchionacci malefici dei tempi del liceo che alzavano la mano per indicare quelli che copiavano o chiacchieravano. Segnali di insicurezza, urge scoppola correttiva.
Voto 0. A Maverik Vinales per lo stesso principio per cui Francesco Bagnaia ha meritato il 10. E’ vero: anche lo spagnolo del Team Yamaha Monster Energy è stato vittima di una pesante ingiustizia, perché le ruote della sua M1 hanno appena pizzicato il verde e penalizzarlo è stata un mezza buffonata, ma c’è modo e modo di reagire. E’ rimasto dietro a piangersi addosso per più di mezza gara, poi ha aperto il gas quando ormai era troppo tardi. L’impressione, inoltre, è che soffra, e anche tanto, l’ingombrante compagnia di Fabio Quartararo. Quello di leader non può essere un titolo acquisito, bisogna guadagnarselo e, soprattutto, mantenerselo. Cadere sulle ginocchia alla prima avversità è la strada per non diventare campioni. Piagnucolone.