Tra ali che flettono e mini-DRS che si aprono alle massime velocità, un nuovo problema è stato portato alla luce, questa volta dal presidente della Fia in persona Mohammed Ben Sulayem: l’uso, a detta sua spropositato, di parolacce ed espressioni volgari da parte dei piloti durante le comunicazioni radio con i propri muretti. Una riduzione necessaria, spiega il presidente, affinché la Formula 1 possa affermarsi come esempio da seguire, soprattutto se si considera come una larga parte del suo pubblico sia fatta di ragazzi che, inevitabilmente, imitano i propri miti. “Dobbiamo differenziare il nostro sport dalla musica rap. Noi non siamo rapper, eppure quante volte al minuto i piloti dicono parolacce? Noi non siamo così, è una cosa che fanno i rapper, non noi. Bisogna pensare che ci sono anche dei bambini che guardano le gare. Immaginate di essere seduti con i vostri figli a guardare la gara e che qualcuno dica tutto questo turpiloquio. Cosa direbbero i vostri figli o nipoti? Che cosa gli stiamo insegnando sul nostro sport?”. Parole dure che hanno generato non poche polemiche, in primis dagli stessi piloti, che non hanno esitato a manifestare il proprio dissenso.
Il parere di Max e il confronto di Tsunoda con gli altri sport
“Cosa abbiamo, cinque o sei anni? -commenta il campione del mondo in carica Max Verstappen- Anche i bambini di quell’età che stanno guardando la televisione probabilmente diranno comunque le parolacce, anche se i genitori non saranno d’accordo o non glielo permetteranno. Quando saranno grandi, andranno in giro con i loro amici e diranno le parolacce a prescindere. Tutti le dicono, alcuni più di altri ma dipende dal tipo di linguaggio che uno utilizza”. Credo basterebbe smettere di trasmettere i team radio o dare in qualche modo alle persone la possibilità di non sentire certe cose che diciamo. Ovviamente adesso ci sono applicazioni che permettono di ascoltare tutti i team radio ma credo si possano trovare dei limiti o imporre un ritardo nella messa in onda, così da poter censurare le parolacce”. A fare eco alle parole di Max ci ha pensato subito Yuki Tsunoda, paragonando quanto accade in F1 con altri sport in cui la competizione la fa da padrone, per poi concludere lanciando una frecciatina alla stessa Fia: "Sono sicuro che se si microfonasse ogni altro sport, se nel calcio si microfonasse ogni giocatore, o nel basket o qualsiasi altra cosa, tutti direbbero parolacce, credo. Quindi, voglio dire, solo perché c'è la radio e tutto il resto, ecco perché", ha spiegato il pilota della VCARB. "Fa parte, direi, della personalità, ma ovviamente ci sono alcune parole che superano il limite, mi è capitato quest'anno. Ma sì, fa parte del modo in cui si esprimono i sentimenti. Quindi, voglio dire, non vedo perché ci sia un problema. E, sì, sono sicuro che anche quelli della FIA lo facciano a volte, no?".
La posizione presa da Lando Norris
Storicamente, Max è sempre stato un pilota senza peli sulla lingua, spesso anche più della maggioranza dei suoi colleghi che, però, questa volta sembrano seguirlo. A dare il proprio punto di vista sulla faccenda ci ha pensato anche il suo sfidante, Lando Norris, puntando il dito sulla gestione delle comunicazioni radio dalla FOM -che produce le trasmissioni televisive di tutte le sessioni del Gran Premio-, più che sui piloti stessi: "Loro [la FOM] hanno la possibilità di cancellarle o di non riprodurle, quindi credo che sia più giusto che siano loro a farlo piuttosto che noi a fermarci, perché siamo noi a essere sotto pressione, stressati e a cercare di far capire i nostri punti di vista al nostro team e cose del genere. Ma questo linguaggio viene usato anche per enfatizzare alcuni punti. Non è perché si vuole essere diretti contro qualcuno e aggressivi nei suoi confronti". Non credo che dovrebbe essere vietato, perché penso che si ascolti la crudezza dei piloti, i loro pensieri, i loro sentimenti e cose del genere e quando li ascolto li trovo belli ed eccitanti, quando si ascoltano questo tipo di cose non si tratta solo di un linguaggio dolce e gentile. Quindi sono sicuro che ci sono molti altri sport e cose che puoi andare a vedere se è questo che vuoi sentire".
Lewis tra saggezza e fermezza
Tra i piloti, infine, a esprimere la propria voce è stato Lewis Hamilton che, con grande diplomazia, ha sì confermato che andrebbe posta maggiore attenzione nel modo di comunicare da parte dei piloti, ma che, dall’altro lato, le stesse parole usate da Ben Sulayem presentano una stortura ben evidente. “Sicuramente penso che ci siano troppe parolacce e che, con le sanzioni, la gente smetterà. Ma non mi piace come ha espresso questo concetto. Il paragone con i rapper era molto stereotipato, e se si pensa che la maggior parte dei rapper sono neri, è come dire: ‘Noi non siamo come loro’. Quindi penso che la scelta di parole sia stata sbagliata e che ci sia stato un elemento razziale. Anche se sono d’accordo sul concetto di ripulire un po’ il linguaggio.
Ma quella sulle parolacce è davvero una lotta necessaria?
Una battaglia forse inutile, specie se, riprendendo anche le parole espresse su X dalla nota firma italiana Roberto Chinchero, si considera come sia la stessa F1 che decida cosa far sentire o meno ai propri seguaci: “In Formula 1 c'è chi si lamenta del linguaggio scurrile che a volte emerge nei team radio (mandati in onda...da Formula 1).” È poi esilarante come, spesso, i tentativi dei piloti di far luce su tematiche sociali importanti, cercando dunque di essere un buon esempio, consapevoli della risonanza mediatica acquisita dal circus negli ultimi anni, siano stati eclissati dalla stessa Fia, spesso giustificatasi sostenendo che la Formula 1 sia uno sport e che dunque debba rimanere separato dalla politica. Tutti ricorderanno, per esempio, i caschi arcobaleno di Lewis e Sebastian Vettel a sostegno della comunità Lgbtq+, così come il gesto del pugno utilizzato più volte dal campione inglese per esprimere vicinanza al movimento “Black Lives Matter”. Gesti a cui sono seguite polemiche e dissensi nonostante, in quei casi, i messaggi lanciati forse erano addirittura più potenti delle sole parolacce. A conti fatti, quella delle parolacce, è solo l’ultima delle occasioni in cui il “buonismo di facciata” si è contrapposto al buon senso, vanificando così anche il valore della questione, oltre a far ricadere l’attenzione su altro, come ben sottolineato da Hamilton. Dunque, caro presidente, per lanciare un messaggio e per essere dei veri “modelli”, serve ben altro.