Da sempre, il dibattito sul miglior circuito si sovrappone a qualsiasi performance. Un tracciato affidabile garantisce il successo degli aggiornamenti delle vetture, mentre un circuito poco apprezzato si riflette nelle lamentele dei piloti e nel calo della prestazione in pista. Sebbene la Formula 1 sia storicamente legata agli iconici Monza, Spa-Francorchamps e Silverstone, dove velocità pura, abilità di guida e rischio sono parte dello spettacolo, è importante non vedere questo legame come un limite all’introduzione di nuove esperienze, tanto per noi quanto per i piloti. Motivo per cui, nel corso degli anni, questo sport ha tagliato molti nastri inaugurali, ma ha anche subito tanti addii.
Circuiti leggendari perduti: Rouen-Les-Essarts, Nürburgring fino in Corea del Sud
Sin dagli anni '60, infatti, numerosi tracciati storici sono stati esclusi per ragioni economiche, logistiche o di sicurezza, con quest'ultima che ha sempre avuto la meglio. Un esempio è Rouen-Les-Essarts, circuito stradale al nord della Francia utilizzato tra il 1952 e il 1968. Famoso per la pericolosità di alcuni punti, fu abbandonato dopo numerosi incidenti mortali. L’amato Watkins Glen, circuito newyorkese poco lontano dalle cascate del Niagara fu escluso dopo il 1980 per problemi di sicurezza dovuti soprattutto ai suoi sali e scendi micidiali. Nonostante ciò, oggi ospita la NASCAR e altre categorie.
Una tappa che manca nei calendari di oggi è l’Africa: il circuito di Kyalami in Africa, chiuso nel 1993 a causa della fine dell'apartheid e delle difficoltà del paese, è spesso richiesto per un ritorno, ma le infrastrutture non sono ancora adeguate. Al contrario, Zandvoort è tornato nel calendario nel 2021 dopo 30 anni, grazie a significativi lavori di ammodernamento che lo hanno reso imprevedibile, soprattutto a causa del clima variabile dovuto alla vicinanza del mare.
Anche il Nürburgring Nordschleife fu escluso dopo il grave incidente di Niki Lauda nel 1976. Imola, invece, pur essendo stata teatro di momenti cruciali del motorsport, è stata esclusa nel 2006 per mancanza di fondi e poi reintrodotta nel 2020 durante la pandemia. Negli ultimi mesi, la questione di Monza ha preoccupato i tifosi, ma le recenti modifiche strutturali hanno offerto un sollievo temporaneo. Poi ci sono dei tracciati che sono stati sostituiti perché considerati noiosi nonostante garantissero gare impegnative, come il Buddh International Circuit in India o il circuito coreano di Yeongam. Ed è un po’ tutto il piano di Stefano Domenicali che sta puntando a investire su quei circuiti che oltre a garantire ottimi incentivi economici, non siano una sfilza di trenini per 60-80 giri.
L’importanza dell’audience e dei circuiti cittadini: dall’addio di Adelaide a Las Vegas
Se l'entusiasmo per Montecarlo si è gradualmente affievolito, riducendosi a un mero simbolo del Principato, è Suzuka la prova che servano circuiti che abbiano il giusto mix di tradizione e azzardo che al pubblico moderno piace. Il circuito di Adelaide, in Australia, dimostra come le cose abbiano avuto necessità di cambiare per esigenze commerciali e di pubblico. Nonostante fosse uno dei più amati, il tracciato di Parco della Vittoria fu sostituito da Melbourne nel 1995 che, oltre a motivi logistici legati alla capienza per i tifosi, aveva una posizione più vantaggiosa.
I circuiti cittadini hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni, ma perché? Come dimostrato dal successo del GP di Miami e del debutto di Las Vegas nel 2023 – anche motivato dal fatto che si aspettava un cittadino americano dai tempi di Long Beach – le strade piacciono di più perché sono imprevedibili e sono uno show. Baku, che ospiterà il gran premio di questo fine settimana, ad esempio, è ormai noto per la sua abilità di regalare momenti caotici: esplosioni di gomme, auto che si scontrano, piloti che sbagliano strada…
Salto nel passato e futuro: prima la Germania, poi la Spagna…
Interessante è il possibile ritorno della Germania tra le tappe, come dichiarato dal CEO della categoria. Questo è incentivato non solo dall'ingresso di Audi come costruttore, ma anche dalla volontà di bilanciare l'espansione verso le metropoli con il mantenimento delle radici del campionato. Tuttavia, il tracciato moderno di Hockenheim presenterebbe una configurazione più breve e verrebbe inserito in una formula a rotazione usata anche in passato, alternandosi con Spa e Zandvoort. Ma non sarebbe l’unica novità in Europa, con Barcellona, GP di Spagna dal 1991, che verrà sostituita da Madrid dal 2026. Tutto questo perché ci si orienta verso ritorni economici, sostegno dei governi e sponsor, senza dimenticare l’impatto mediatico. Preferendo la “formula urbana” tanto prediletta dalla Formula E e la novità, come il circuito di Qiddiya, il parco futuristico che ospiterà il GP di Arabia Saudita dal 2028, la domanda sorge spontanea: che la tradizione del motorsport stia rischiando di essere sacrificata sull'altare dell’intrattenimento e del denaro? Magari i nuovi spettatori applaudono l’azione nelle strade, ma i puristi – e non lo nascondono neanche i piloti – storcono il naso di fronte alla mancanza di autodromi, che spinge verso un’era in cui la storia e la verità delle corse, coi tecnicismi del caso, stanno diventando solo un lontano ricordo. E mentre si decide chi avrà voglia di correre, con il numero di gare che potrebbe addirittura aumentare, ci si domanda: chi vincerà questa battaglia, lo spettacolo o l’essenza?