Ha ragione Vale, come sempre. Lui che ultimamente parla poco, sempre meno, che di interviste ne ha già concesse fin troppe nel corso della sua carriera. Ma lui che quando decide di rispondere alle domande in quello che dice ci mette sempre qualcosa di nuovo, ogni volta. Come faccia a non ripetersi, dopo oltre 20 anni di successi, esclusive, domande e risposte, resta uno dei suoi segreti più grandi. Perché cambia in fretta, cresce, impara, e come tutti i più grandi cambia ogni giorno senza farlo sapere. Vale resta Vale, a qualsiasi età. La parlata inconfondibile, i capelli ricci e gli occhi chiari, fissi, attenti. Eppure questo Valentino sembra il più consapevole di sempre. Padre, mentore, uomo. Il Dottore è diventato grande ma la crescita non l'ha schiacciato, neanche per un attimo. Ha fatto tutto rispettando i suoi tempi e la pazienza, la perseveranza, lo hanno premiato, restituendoci un uomo che sa di aver dato e preso tutto da un mondo, di voler ancora divertirsi in un altro, sapendo chi è e chi sempre sarà per il suo pubblico.
E così anche nel corso dell'ultima intervista rilasciata a La Stampa in occasione del suo primo primo round del campionato GT World Challenge Europe con BMW, Rossi dimostra di avere un quadro limpido della situazione del motorsport attuale: "Oggi qualsiasi cosa dici rimbalza su 300 siti e ti porti dietro le conseguenze per almeno due settimane. Fai un’intervista di mezz’ora e poi si cerca il titolone per fare click, questo dà fastidio. Cosa succede? C’è un finto politically correct tra gli sportivi, sono tutti amici, si abbracciano".
Perché è più facile così, ed è vero. Oggi è più semplice essere amici, o almeno fingersi tali, per questi ragazzi arrivati nelle massime serie - che sia Formula 1 o MotoGP - giovanissimi, carichi di una pressione sociale inesistente in passato, schiacciati da uffici stampa, manager, squadre sempre più oppressive e giornalisti alla rincorsa di una qualsiasi notizia. Se hanno un problema con un altro pilota evitano di dirlo ad alta voce, di guardarlo male, di ignorarlo sul podio e vanno avanti. Piccoli animali da palcoscenico cresciuti per essere impassibili, adattabili.
"È bello? - si chiede Valentino - A me piaceva di più prima, quando si diceva quello che si pensava. È umano che ti stia sulle scatole chi fa la tua stessa cosa come o meglio dite, non importa se sei un dottore, un pizzaiolo, un pilota. Dovere nasconderlo sempre fa diventare tutto più finto".
E ha ragione. Ha ragione perché l'invidia è il più umano dei peccati, il più straboccante e tremendo, soprattutto nelle competizioni. C'è, niente lo ha eliminato dalla faccia della terra. Esisteva ieri, quando Valentino strafottente prendeva in giro Max Biaggi al grido di "evidentemente gli tira il culo arrivare dietro tutte le domeniche", ed esiste oggi che nessuno una frase così la dice più.
Ma non è inutile malinconia, quella di Rossi. È una consapevolezza sana, frutto di una vita passata in pista, davanti ai microfoni e al centro dell'attenzione. Che i cambiamenti li ha accolti, li ha visti e li ha vissuti. Ma che oggi legge dentro questo mondo nuovo una difficoltà in più per i ragazzi che sognano di arrivare a fare quello che ha fatto lui. Perché oggi è più difficile essere sé stessi, emergere come personaggi, piacere o stare sulle palle ma esserci al cento per cento. E lui? Lui preferisce correre dietro alla figlia, e guardare i suoi ragazzi provarci in tutti i modi. Ogni tanto la malinconia arriva, umana come tutte le cose più vere: "A volte, mentre guardo i GP in televisione, vorrei essere lì. Ma poi penso che il mio l’ho fatto. Ora tocca a loro".