"Fa parte del gioco" si dice spesso quando si parla di insulti nel mondo dello sport, abusi online e minacce. "Fa parte del gioco" perché a giocare, a mettersi in competizione, sono i piloti stessi. Ma è davvero così? I piloti possono essere liberamente insultati online? Possono essere vittime degli abusi di haters che pensano - in quanto fans - di poter dire e fare tutto?
Ovviamente la risposta è no. C'è un limite alla passione, alla tifoseria e allo sport. C'è un limite che si chiama rispetto, soprattutto se - come nel caso del motorsport - chi corre per far divertire gli altri rischia la propria vita ogni giorno. E Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, conosce bene la sensazione che l'odio degli appassionati può provocare, anche quando - come in questo caso - l'odio arriva dagli addetti ai lavori.
Insulti, frecciatine, consigli non richiesti e frasi fuori luogo. Da Jos Verstappen, padre di Max, che dice di "aver goduto" vedendo il figlio doppiare Hamilton, passando per i commenti dell'ex compagno di squadra Nico Rosberg fino ad arrivare a chi, come Helmut Marko, gli suggerisce il ritiro.
Quando gli insulti sono però gratuiti e maleducati anche la pazienza ha un limite. E' quello che è successo recentemente con un impiegato McLaren che, sui social, ha insultato Lewis Hamilton in diverse occasioni. Un fatto che non è passato inosservato nella scuderia inglese e che è stato così ufficialmente commentato: "Consideriamo questi commenti completamente in contrasto con i nostri valori e la nostra cultura in McLaren. Prendiamo la questione estremamente sul serio e la stiamo esaminando come priorità".