Sebastian ha sempre bruciato le tappe. Ex bambino prodigio dal talento precocissimo, di stirpe tedesca come il suo più grande eroe: sua maestà Michael Schumacher. Agguerrito, insaziabile, stoico in quelle gare che lo resero l’uomo da battere in una Formula 1 che, in poco tempo, era tutta ai suoi piedi.
Bruciando le tappe Sebastian è diventato il più giovane pilota ad aver mai vinto un mondiale di Formula 1. Aveva 23 anni e 134 giorni quando conquistò il primo di quattro titoli con Red Bull. L’incredibile storia di un ragazzo così normale e così giovane, protetto e guidato proprio dal suo Schumacher.
Nel suo dominio assoluto Vettel si è trasformato così nel ragazzo da battere. La faccia pulita, il sorriso con l’apparecchio ai denti, l’aria da bravo ragazzo - semplice - ma la grinta necessaria per diventare trascinatore. Quando si parla del talento precoce di Leclerc e di Verstappen bisogna ricordarsi di quello di questo ex giovanissimo e quando si guarda alle sue vittorie parlando di una “monoposto imbattibile” bisogna ricordarsi di quelle storiche sfide con Alonso, di un 2012 difficile e per nulla scontato e forse più di ogni altra cosa di quella prima vittoria sotto la pioggia di Monza, nel 2008 con Toro Rosso, primo vero grido di quella che sarebbe stata la sua supremazia.
Poi la svolta. L’inizio dell'era Mercedes e la scelta di andare là dove il cuore lo aveva sempre indirizzato: in Ferrari. Seguendo il sogno del Sebastian bambino e - allo stesso tempo - cercando di celebrare e rendere omaggio al suo Schumi, l’uomo che gli cambiò la vita.
Ma la storia più recente ci racconta un epilogo diverso dopo anni difficili in cui le difficoltà del team si sono sommate agli errori di un Vettel non più bambino prodigio. L’amarezza dell’abbandono della squadra a cui Sebastian ha dato tutto si è presto trasformata nella ricerca di un’alternativa.
Una monoposto non competitiva prima e un Vettel incerto e incostante dopo, hanno fatto sì che la parola fine venisse scritta a caratteri cubitali su quel contratto mancato per il 2021. Imperdonabili gli errori di un Vettel che, oggi, non è più quel prodigioso e perfetto esecutore degli anni d’oro in Red Bull. Con il tempo si è trasformato in un uomo riservato, rimanendo il ragazzo semplice che è sempre stato, un papà lontano dal mondo dello spettacolo e disinteressato a tutta quella notorietà che il mondo della Formula 1 porta con sé.
E poi l’arrivo di quel giovane "predestinato”, che tanto assomiglia al Vettel bambino, ha fatto mettere ancora più in discussione il percorso di un uomo che, in Ferrari, non era più il prodigio prematuro che tutti ricordiamo.
Da lì l'addio, sofferto ma emozionante per tutti, e l'arrivo in Aston Martin. La redenzione passata attraverso Monaco e soprattutto Baku, con il primo podio in verde Aston Martin. Quello che sorprende però non è il campione ritrovato, le belle gare, il talento che non si appanna ma che ritorna, quando c'è terreno fertile per farlo rivivere. Quello che emoziona davvero è l'affetto della gente, che mai ha voluto bene a Sebastian come in questi anni difficili.
Sarà che in un mondo in cui nessuno vuole mostrarsi debole, incasinato, deludente, Vettel è stato bambino prodigio e uomo sconfitto, è stato quattro volte campione del mondo e poi pilota mediocre, soggetto a errori incomprensibili. Sarà che nel suo sbagliare Sebastian è rimasto sempre e solo fedele a se stesso, leale con il suo team, il suo primo amore, e che oggi vederlo felice altrove è una gioia che va oltre i risultati.
Così come vederlo "padrino" di Mick Schumacher, mentore di un ragazzo il cui padre, per Sebastian, ha significato tutto. E poi immaginarcelo lontano dal mondo dei social - che Vettel non ha - e da un universo di apparenze, di telecamere, di maschere e facciate.
E oggi che compie 34 anni, aspettando di conoscere le svolte future della sua carriera, una sola certezza domina sul domani di Sebastian Vettel: la consapevolezza che qualsiasi cosa farà e chiunque deciderà di essere, verrà ricordato come uno dei piloti più amati di sempre.