A volte, nella vita, anche le cose più semplici, naturali, diventano difficili da perfezionare. È come se ciò che sembrava scontato fino a poco prima diventasse un macigno da portarsi sulle spalle come Atlante faceva con il mondo. E quando accade, è necessario partire dalle basi, ricominciare da zero. È stato così per Sebastian Vettel, dopo quell’errore ad Hockenheim nel 2018. L’essenza del suo percorso in F1, il talento insolente della sua gioventù, sembrava persa per sempre.
Ma Vettel, dentro di sé, quelle risorse le ha ancora. Non ha disimparato ciò che sapeva fare senza alcuna fatica. Semplicemente, ha perso la bussola. Oggi, con lo splendido secondo posto ottenuto nel GP dell’Azerbaijan, si è ricordato di essere un quattro volte campione del mondo. Qualche segnale di ripresa, per la verità, si era già intuito nelle ultime gare. A Baku, però, si è rivista una serenità che Seb non mostrava da tempo. Si è dimostrato consapevole delle sue capacità.
Seb oggi è stato impeccabile. È stato protagonista di un sontuoso primo stint, in cui ha coccolato le sue gomme soft, interpretando al meglio la sua parte nell’azzeccata strategia firmata dalla sua Aston Martin. Poi si è tolto lo sfizio di perfezionare un sorpasso sul suo ex compagno di squadra, Charles Leclerc, come se volesse lasciarselo definitivamente alle spalle, letteralmente e figurativamente. E alla ripartenza non si è lasciato prendere dall’adrenalina, portando a casa il primo podio della sua Aston Martin dal ritorno in F1.
Seb non è più il giovane sfrontato che vinse i suoi quattro titoli mondiali, ormai quasi dieci anni fa. È un uomo e un pilota diverso, ora. Si è spaccato in mille pezzi, ed è riuscito a raccogliere pazientemente i cocci, cercando di ritrovare la serenità. Li ha riattaccati con il metallo liquido della sua sofferenza, degli errori, delle difficoltà in un ambiente che ormai gli stava stretto. E ha ricominciato a sorridere. Seb è diverso, ma non per forza peggiore. Si è piegato senza spezzarsi, e si è ritrovato fiero sul podio.
È questa la redenzione che i tanti estimatori di Vettel cercavano come l’acqua nel deserto. E se il podio a Baku ha fatto gioire così tanti tifosi è perché Seb resta dentro. È uno di noi, con le sue fragilità, le sue difficoltà. È entrato nella pelle di chi lo apprezza così come la Ferrari si è insinuata sotto la sua, di superficie. Lo abbiamo visto sconfitto, provato da un amore devastante, disperato. Si è dimostrato umano, troppo umano. Una qualità che spesso in F1 non paga, ma che lo rende autentico.
Analogico a tutti i costi in un mondo disperatamente digitale, Seb è uno dei re dei social di questa F1. Non c’è, ma pervade lo spazio virtuale in cui si rifiuta di entrare. Tutti discutono di Seb, ma lui lascia che a parlare siano solo i suoi gesti da uomo di vecchi tempi, le sue espressioni. E quel sorriso sereno sul podio è la dimostrazione del fatto che Seb è rinato dalle sue ceneri. Ora deve solo usare questosecondo posto come un’ancora. Perché tutto quello che gli serve per eccellere è dentro di lui. E non è andato perso.