Paolo Simoncelli è un monumento al motociclismo. Un uomo che trasmette passione, uno in grado di andare oltre alle telecamere e alla noia del già visto. Paolo Simoncelli è vita. Non perde tempo a cercare di farsi capire o di andare incontro alle cose. Le cose le vive, le racconta. Le maledice, a volte, con un vaffanculo in diretta nazionale. Quest’anno la Sic58 Squadra Corse punta al mondiale, niente di meno. Ne abbiamo parlato con lui, che oggi compie 70 anni.
Tanti auguri Paolo! Nessuno ha scritto quanti sono però...
“Ah, grazie! Ne faccio solo settanta dai”.
È incredibile, li porti davvero bene.
“Eh, il problema è che non funziona più niente!”
Ma no dai, addirittura. Che regalo vuoi dai tuoi piloti?
“Mah, niente di che, figurati. Basterebbe che vincessero il mondiale, poca roba”.
Per quello pare che siate sulla giusta strada: Tatsu è andato forte a Valencia, durante i test…
“Tatsu è pronto, può fare quello che vuole. Poi abbiamo Lorenzo Fellon, che è un ragazzino… È acerbo, ma nessuno gli chiede niente di particolare”.
È il figlio dell’ex manager (nonché mentore, ndr.) di Johann Zarco, avrà imparato qualcosa dal padre…
“Si è lui, ma il problema è che conoscere le cose qui conta poco, qui bisogna dare gas in pista, ci son poche storie”.
Per fortuna tra poco c’è il Qatar.
“Si, andiamo via il 17, sempre che non succeda niente nel frattempo perché qui ogni giorno è una novità”.
È una follia, d’accordo. Ma riunire in un team Marco e Fausto sarebbe una poesia del motociclismo, roba che puoi fare solo tu.
“Eh, per fare questo toccherebbe andare su con loro, e io adesso non è che ho proprio tanta voglia (ride, ndr.)”.
A dire la verità pensavamo ad una cosa più terrena…
“Sai, sono due realtà completamente diverse, quella di Fausto è un’azienda immensa, lì sarà la famiglia a decidere cosa fare e a chi affidarsi. Le poesie son belle però le poesie…”
Sono dei vecchi.
“Eh si, appunto. Comunque è una grande sfiga, a sessant’anni andarsene così… Quello che mi fa incazzare è che per uno che ha due linee di febbre c’è un altro che viene mangiato in un mese. È una cosa che ti lascia senza parole. Correre in pista è diverso, ma uno quando si prende una malattia, un virus… nessuno pensa che si possa morire ancora per queste cose. Dentro di noi, insomma, penso che nessuno abbia questo pensiero. Vado dal dottore, all’ospedale, guarisco. Cazzo, questa è maledetta davvero”.
Nonostante tutto Fausto ha lottato fino alla fine, con tutta la sua forza.
“Ci hanno provato in tutte le maniere, il problema è che non riusciamo a capire il virus. C’è gente a cui non capita nulla, altri che si trovano nella situazione di Fausto”.
Sono dieci anni che Marco manca, anche se riesce ad essere sempre con noi.
“Il tempo passa eh? Ma se Marco è ancora un po’ con noi è merito della gente, riceviamo tantissimi pensieri, la fondazione va a gonfie vele…”
Hai in mente qualcosa, per questi dieci anni?
“No, niente di particolare. Poi sai, in queste condizioni fai fatica a programmare tutto. Questa situazione che non ti permette di programmare niente ti toglie proprio la fantasia, non sai cosa puoi fare domani”.
Auguri per i tuoi primi settant’anni allora…
“Si, peccato che non si fa più l'amore come una volta!”