Si è appena conclusa la terza domenica del Motomondiale 2023 e l’Italia delle due ruote, tutto sommato, può sorridere. In testa al Mondiale ci sono i riccioli di Marco Bezzecchi, il Team Mooney di Valentino Rossi sta dominando il campionato e noi, come ai cari vecchi tempi, vediamo Uccio Salucci sotto al podio un weekend sì e l’altro pure. Davanti a tutti, alla fine dei conti, ci sono ancora il giallo Valentino e il rosso Ducati, declinato nelle sue sfumature Pramac, Gresini e – appunto – Mooney VR46. Luca Marini, sangue rosso e plasma giallo, ha conquistato il suo primo podio in MotoGP, e sembra non volersi più fermare. Franco Morbidelli, settimana dopo settimana, sta inanellando “risultati utili”, che progressivamente restituiscono fiducia a noi e, ce lo auguriamo, anche a lui. Enea Bastianini è sulla via del rientro dopo l’infortunio alla scapola di Portimao. La Bestia freme e, in lontananza, già si sente il suo ruggito. In Moto2 il leader della classifica piloti si chiama Tony Arbolino, from Garbagnate Milanese. La Honda è tornata a vincere dopo due anni di digiuno, ma non con l’ufficialissimo Team Repsol, bensì grazie a Lucio Cecchinello e alla sua storica squadra, tutta italiana, che è un’eccellenza in MotoGP dal lontano 2006. Insomma dovremmo gioire, festeggiare, proprio come facevamo in quei primi duemila che adesso soprannominiamo anni d’oro. Rossi, Capirossi, Biaggi, Melandri e la MotoGP che spezzava in due le domeniche degli italiani. Oggi, forse, siamo anche messi meglio.
Invece osserviamo il nostro campione del mondo, Pecco Bagnaia, e ci smorza qualsiasi entusiasmo. Si presenta ai microfoni con la stessa espressione di uno studente modello che ha preso quattro in matematica per la seconda volta consecutiva. Non riesce a spiegarselo, ha paura di dirlo ai suoi genitori. Prova persino un po' di vergogna nei confronti dei suoi amici; teme improvvisamente di cadere dal piedistallo, di rovinare la sua reputazione, di sporcarsi la fedina penale. Il problema di Pecco Bagnaia è questa pesantezza di fondo nel momento in cui sbaglia. Ciò che fa cadere le braccia non è tanto l’errore in pista, la chiusura di avantreno in Argentina o quella della domenica di Austin, anche se qui andrebbe aperta una parentesi: Pecco sbaglia sempre più o meno allo stesso modo, cioè quando è davanti – quasi in solitaria – in cerca della sua dimensione perfetta. Preferiremmo vederlo sbagliare perché tenta qualcosa di diverso – un sorpasso aggressivo, una rimonta impossibile. L’errore, in quel caso, sarebbe più scusabile data la mancanza di una vera e propria recidiva (l’unica forse fa riferimento alla caduta in Giappone del 2022). Il nodo della questione, tuttavia, non è questo. Dopo l’impresa dello scorso anno non possiamo permetterci di rimproverare nulla a Pecco in termini tecnici, di guida, di ciò che accade sull’asfalto. Puntiamo il dito sul suo atteggiamento, sul modo con cui Bagnaia assorbe e rielabora un passo falso. Pecco non si perdona nulla, ecco il fatto. Due settimane fa si è colpevolizzato in maniera apparentemente inconcepibile per una scivolata sull’asfalto viscido ed insidioso di Termas de Rio Hondo, seconda gara dell’anno. Pecco non ha digerito quell’errore; non l’ha superato, metabolizzato, proprio perché l’ha caricato di un’importanza eccessiva e, francamente, fuori luogo. Due settimane dopo, ad Austin, Bagnaia ha sbagliato ancora. Quasi un copia e incolla.
La grande maggioranza dei piloti, in questo avvio di stagione, ha commesso almeno un errore in Gara o nella Sprint Race. Marco Bezzecchi, in testa alla classifica, conta già uno “zero” nella Sprint di Portimao. Nella MotoGP di oggi, dove si disputano 42 gare all’anno e dove tutti i piloti viaggiano con prestazioni simili, pensare di non commettere errori è impossibile. Quindi anche Bagnaia può sbagliare, e probabilmente sbaglierà ancora. Se Pecco pensa di poter essere perfetto sempre, se non comincia ad accettare prestazioni altalenanti e piccoli cali fisiologici (il tour de force mentale del 2022 è uno stress che il piemontese sta già pagando in questo 2023), allora commette un grave atto di presunzione. Sarebbe un segnale di immaturità, inaccettabile per un campione del mondo che punta a riconfermarsi. In questo modo Pecco finisce solo per irrigidirsi, caricandosi di una pressione extra rispetto a quella già enorme che deve portarsi sulle spalle. Bagnaia è costretto a vincere quest’anno, lo pensa lui e lo pensa tutto il paddock. Perché ha il numero uno sul cupolino, una Ducati sotto il sedere, Marc Marquez ed Enea Bastianini che hanno saltato tre gare. Perché Pecco Bagnaia è maledettamente bravo e veloce, ma non può dominare sempre, come ha fatto nella seconda metà di 2022. Deve comprenderlo, concederselo. Le parole di Pecco nel post gara di Austin, invece, sono sulla falsariga dell’atteggiamento autodistruttivo di Termas de Rio Hondo: “Spero proprio di capire cosa sia successo perché altrimenti diventa difficile andare avanti”. Ancora troppa importanza data all’errore; un peso nei toni, nelle espressioni, nelle movenze e nei gesti che diventa difficile da sopportare persino per chi, da casa, ascolta un Pecco Bagnaia comunque secondo nel mondiale a trentasei gare dal termine. Niente di irreparabile Pecco, ma se fai così la gente cambia canale.
Valentino Rossi nel 2016, ad Austin, cadde al secondo giro. Stessa curva, la due, di Pecco Bagnaia. Forse leggermente fuori traiettoria, forse un avvallamento, forse doveva semplicemente andare così. Perché, ai tempi, era da 24 gare che Rossi non scivolava nel ghiaione (Aragon 2014 l’ultimo zero). Il Dottore si presentò ai microfoni col sorriso sul volto e il viso rilassato: “Nel tentativo di rimontare ho fatto una pataccata. Pazienza, era da tanto tempo che non facevo un errore in gara. Pensiamo alla prossima”. Due settimane dopo, tra le dolci pieghe di Jerez, il 46 fece suonare Mameli sul podio. Pole position, giro veloce, tutta la gara in testa, vittoria. Hat trick, direbbero quelli bravi. Dominio assoluto. Chiamiamo in causa Valentino Rossi non per il solito, noioso, discorso del fatidico erede, ma perché Pecco ha tutte le carte in regola per mangiarsi la MotoGP. Per scrivere – a modo suo - una storia lunga, vincente e allo stesso tempo leggera, fantasiosa, gradevole. Una di quelle che conquistano nonne e bambini dopo le prime dieci pagine. Pecco, prima di riuscirci, deve forse apprendere un ultimo insegnamento dal suo mentore. È il più difficile, ed esula dalla pista. È per certi versi un’arte. Mai prendersi troppo sul serio.