Con la sontuosa vittoria di Alex Rins ad Austin il Team LCR raggiunge il meritatissimo podio numero 100 e riporta la Honda a una vittoria che mancava da Misano 2021, quando Marc Marquez vinse il GP e Fabio Quartararo il titolo mondiale. Lucio Cecchinello una vittoria l’aspettava da cinque anni, ovvero da quel folle GP d’Argentina vinto da Cal Crutchlow nel 2018. L’inglese, al contempo, è anche l’unico pilota della nuova era HRC ad aver vinto una gara con la Honda fatta esclusione per Marc Marquez. Archiviate le statistiche e i festeggiamenti restano le domande: per quanto il COTA sia un circuito particolarmente favorevole ad Alex Rins, Honda dovrà guardarsi in casa per capire dove sta sbagliando e che agire, perché Joan Mir non è certo un incapace ma sembra diretto verso lo stesso oblio in cui era sprofondato Pol Espargarò nei suoi anni in Repsol. Così, mentre i grandi capi della Honda si interrogano su come rivedere l’organico come è già stato fatto con Takeo Yokoyama (ex Direttore Tecnico di HRC sostituito da Ken Kawauchi) sul tavolo continua ad esserci il nome di Alberto Puig.
Il Team Manager di HRC, a farla breve, non ha mai messo sotto contratto un pilota vincente: quando è arrivato Marc Marquez era già lì e per trovare un altro pilota in grado di portare la Repsol Honda sul gradino più alto del podio bisogna tornare al 2017, quando Dani Pedrosa si portò a casa - sotto la guida di Livio Suppo - una vittoria a Jerez prima ed una a Valencia poi. Per il resto, quelli di Alberto Puig sono stati principalmente errori di valutazione se non addirittura sprechi. Jorge Lorenzo, ben pagato, si ritirò con un anno di anticipo. Alex Marquez venne licenziato ancora prima che potesse salire in moto. Non è andata meglio con Pol Espargarò, uno che in due anni ha portato a casa appena due podi (ma nessuna vittoria) finendo per correre per metà dello scorso anno con lo stesso atteggiamento di un impiegato in attesa della pensione, atteggiamento a cui sembra condannato anche Joan Mir, precipitato in un vortice negativo dal quale si esce solo con una rivoluzione. Mentre ci si chiede se non abbia commesso un errore anche stavolta prendendo l’ex Suzuki sbagliato, Alex Rins si gode il momento: non c’è niente di meglio che vincere con la peggior moto in griglia in un team satellite per mettere in chiaro il proprio talento. Ed ecco che mentre Lucio Cecchinello lotta e soffre con i suoi piloti, la gestione Puig di HRC sembrerebbe concentrata esclusivamente su Marc Marquez, risultando a dir poco deprimente per qualunque compagno di squadra.
Eppure Puig, che aveva soldi da spendere e una moto vincente, è riuscito a restituire alla Honda solo un’innumerevole numero di danni e di piloti scontenti, avvelenati e rabbiosi. Non solo, una parte dei guai dello stesso Marc Marquez sono da imputare direttamente a lui, che non ha saputo gestirlo nel migliore dei modi. Pensiamo all’infortunio e alle relative ricadute, da Jerez 2020 in poi quindi, quando è stato evidente che anche il Team Manager ha gestito la cosa come avrebbe fatto un pilota. Lui che pilota lo è stato - senza mai ottenere grossi risultati, ma questo è un altro discorso - ha gestito sempre con un approccio sanguigno e rigoroso, quasi mai però sufficientemente distaccato rispetto alle decisioni da prendere.
Il Team Manager HRC è in parte responsabile anche di un altro dramma della Honda, stavolta economico, ovvero l’aver fatto firmare quattro anni di contratto a Marc Marquez che, ironia della sorte, da quando ha messo la sua firma su quei fogli di carta non ha più vinto un mondiale. Proporgli un contratto standard di due anni con opzione di rinnovo, che sarebbe stato fortemente al ribasso per via di un mercato completamente cambiato a causa di pandemia, crisi economica e guerra, avrebbe certamente fatto bene ai conti della Honda.
Se i giapponesi continuano a lavorare con questo manager scontroso, duro e testardo, un personaggio da blockbuster americano con la benzina nelle vene e il fuoco negli occhi, probabilmente è perché Alberto Puig è bravissimo a farsi scivolare addosso le maledizioni dei piloti quando la RC213V non funziona e a mantenere un certo rigore all'interno del team. Oggi però questo approccio da austero reduce del Vietnam non paga più, anzi, e a questo punto i giapponesi dovrebbero guardare avanti, magari tornando indietro: l’addio della Suzuki ha lasciato in libertà anche un altro, capacissimo manager dall’esperienza ventennale in MotoGP.