Mentori, guru e ribelli. Hanno lasciato il loro segno per dichiarazioni, proteste davvero poco contenute o dal forte impatto dimostrativo, atteggiamenti determinati e calma olimpica. Sono stati a loro volta degli sportivi di successo, hanno vinto, perso e provato le stesse emozioni degli atleti che hanno accompagnato negli alti e bassi di questa Olimpiade. Sono gli allenatori che hanno preparato e guidato la spedizione azzurra a Parigi impegnata nelle varie discipline. La Gen Z (ma non solo) li ha amati e innalzati a nuovi idoli da seguire, e ovviamente da “memare”. Il primo a farsi notare agli occhi sempre vigili dei social per motivi che senza dubbio che avrebbe preferito evitare è stato Stefano Cerioni, ex schermidore plurimedagliato (due ori olimpici e uno mondiale) e un palmarès che ha aumentato il suo valore specifico durante la carriera da allenatore. Un vero e proprio mito del fioretto sia maschile che femminile, in grado di portare durante il periodo da CT della Russia la rappresentativa del fioretto sul gradino più alto del podio a Rio del 2016. Un vincente sia in pedana che da allenatore, non a caso paragonato a Carlo Ancelotti. Protagonista di una finale complicata per la scherma italiana conclusesi con un secondo posto e una pioggia di polemiche. Dopo la finale del fioretto maschile, persa da Filippo Macchi all’ultima stoccata fatta ripetere tre volte, Cerioni non è riuscito a trattenere la frustrazione del momento e la delusione per la sconfitta immeritata determinata dall’incompetenza dell’arbitro. Le immagini delle proteste del CT che grida allo scandalo mentre stringe la mano al giudice di gara hanno fatto il giro del web e amplificato ulteriormente una vicenda culminata con un ricorso formale da parte dell’Italia.
A farsi notare sempre in tema di proteste, questa volta dimostrative più che formali, è stato Sandro Campagna, ex pallanuotista e storico commissario tecnico della nazionale di pallanuoto maschile italiana. Questa volta la presa di posizione degli azzurri nei confronti degli arbitri è avvenuta dopo il quarto di finale contro l’Ungheria rovinato da un clamoroso errore arbitrale che ha di fatto frenato la scalata verso la medaglia olimpica dell’Italia fino ad allora risultata inarrestabile. Vedendosi respinte tutte le contestazioni formali, il Settebello ha deciso di rivolgere le spalle alla giuria durante il momento dell’inno prima della partita contro la Turchia, valida per la settima posizione in classifica, e di giocare con un pallanuotista in meno. Anche in questo caso le immagini sono rimbalzate da un lato all’altro della rete, tenendo banco per ore. Un atto pacifico di grande effetto attorno al quale si sono stretti appassionati e spettatori saltuari. La protesta, rivolta al sistema sportivo in toto e non solo agli arbitri, non è stata molto gradita dal CONI che ha visto nell’atteggiamento della nazionale un tradimento dello spirito olimpico. Il capitano azzurro, Stefano Tempesti, però non ci sta e protegge pubblicamente la mente dietro la presa di posizione della squadra: “Campagna non è uno stupido, è un genio, un Richelieu e un Winston Churchill della nostra pallanuoto e della gestione delle squadre. Se ha pensato di agire di così vuol dire che è giusto, mi fido di lui”.
Il titolo di regina dei social per qualche giorno è spettato invece a Claudia Mancinelli, allenatrice di Sofia Raffaeli, medaglia di bronzo nell’all-around della ginnastica ritmica, ed ex attrice oltre che ginnasta. Le immagini del suo passo fermo e di un atteggiamento deciso, non troppo lontani dalle falcate delle ginnaste prima di salire in pedana, con i quali si è rivolta al tavolo della giuria per presentare un reclamo sul punteggio rivolto alla sua ginnasta hanno lasciato il segno nelle menti di molti. Con prontezza e determinazione l’ex ginnasta di Fabriano ha costretto le giudici a rivalutare il giudizio dato all’esecuzione di una difficoltà non riconosciuta alla Raffaeli. Contestazione rivelatasi poi determinante per assicurarsi il terzo posto sul podio e staccare in classifica le altre contendenti. Un atteggiamento che la stessa ginnasta, fresca di uno storico bronzo olimpico per la ginnastica artistica, riconosce nella sua allenatrice e da cui dice di essere costantemente ispirata: “Claudia ha cambiato il mio atteggiamento e l’approccio alle gare, non era una cosa semplice”.
È tuttavia la pallavolo declinata sia al maschile che al femminile ad aver mandato in visibilio italiani e non solo. In questo caso non ci sono state proteste plateali o momenti di tensione, ma una serenità scioccante che ha scioccato i social. I due allenatori, infatti, Ferdinando “Fefè” De Giorgi e Julio Velasco, hanno saputo infondere calma e saggezza ai ragazzi e alle ragazze del volley in una competizione che non sempre ha sorriso all’Italia. “Ragazzi, concentrati, non molliamo e andiamo a prenderci le cose che ci spettano”, così De Giorgi durante un momento delicatissimo per Giannelli e compagni: un match point da annullare al Giappone avanti già di due set a zero. Detto fatto. Gli azzurri si rimettono in sesto e ribaltano la partita. Probabilmente nella storia verrà ricordata come una partita valsa “solo” una semifinale olimpica, ma è l’atteggiamento che conta: niente panico o arrendevolezza. Calma, organizzazione, rispetto, lavoro, lucidità e coraggio, queste le parole chiave rivolte da Fefè ai suoi ragazzi. Atteggiamenti che lo stesso allenatore cerca di promuovere e far applicare anche nella vita di tutti i giorni, dalla scuola al business. Dall’altro lato, invece, abbiamo Julio Velasco, prima uomo e poi allenatore di grande carisma e cultura immensa. Un personaggio romanzesco, un argentino che ha vissuto la dittatura, conosciuto il dramma familiare e conquistato l’oro olimpico a Parigi 2024 con la nazionale femminile. Un traguardo storico e atteso in Italia, spesso usato evidenziato dai detrattori. Ma è qui che Velasco ha fatto valere tutta la sua caratura e conoscenza dello sport a trecentosessanta gradi. Sylla, Danesi e compagne sono spesso state incitate con il mantra “qui e ora” attorno a cui ruota tutta la filosofia di gioco, e di vita, dell’argentino naturalizzato italiano. Pensare al presente è l’unica cosa che conta, quello che si è fatto o non fatto la prossima volta, il punto dopo, non conta. Un modo di ragionare che sembra così lontano dalla mentalità attuale italiana e non solo. “In Italia siamo abituati a vedere sempre ciò che non abbiamo rispetto a ciò che abbiamo già. Godiamoci ciò che abbiamo e non sempre ciò che non abbiamo”, così il CT azzurro dopo la semifinale vinta contro la Turchia in cui tutti erano già proiettati al possibile risultato della finale. Un oro raggiunto senza ossessioni e senza bisogno di riscatto da parte sua dopo la finale persa ad Atlanta nel 1996: “Non mi è mai mancata la pace per Atlanta '96. Non ho mai avuto l'ossessione, non sono come Baggio che ripensa sempre al rigore. Anche lui dovrebbe lasciar andare quel momento, gli fa male”. Un atteggiamento che almeno per qualche giorno il web ha provato ad assorbire e interiorizzare, facendo girare le sue frasi e lasciandosi ispirare da esse nella vita di tutti i giorni. Dopo aver rivoluzionato il mondo della pallavolo, forse Velasco è riuscito a cambiare anche la mentalità degli italiani? Chissà, noi ci speriamo.