Sarà un compleanno nel mondiale per Franco Morbidelli, che domani taglierà il traguardo dei 26 anni. Neanche il tempo di godersi il secondo posto conquistato nella classifica generale della MotoGP 2020, a soli 9 punti dal campione del mondo Joan Mir, che è arrivato subito il turno di una nuova esperienza, questa volta nel mondo dei del rally.
Il pilota italobrasiliano prenderà parte, infatti, proprio nelle prossime ore all’ultima tappa del mondiale WRC, al volante di una Hyunday i20 R5 con Simone Scattolin come navigatore. “Valentino Rossi mi ha contagiato – ha raccontato il pilota della Yamaha Petronas – Passando molto tempo con lui, è venuta anche a me la mania di provare ad andare forte con qualunque cosa avesse un motore”. Il titolo di vicecampione del mondo in tasca, l’esperienza nel mondiale di rally, il compleanno, il futuro da condividere con l’amico fraterno Valentino Rossi, per quanto riguarda le corse, e una fidanzata con cui progettare qualcosa di importante, per quanto riguarda la vita. È la sintesi di un momento di vita felice, di una serenità che Franco, ha conquistato giorno dopo giorno, nella sua giovane vita. Senza stare a raccontare ancora il perché, che non serve.
“Sopra ad un armadio – ha raccontato sua mamma Cristina in una recente intervista – c’era una minimoto che mio marito Livio aveva comprato qualche tempo prima per un nipote. Quel nipote, però, scoppiava a piangere appena ci saliva e così la minimoto era diventata una sorta di soprammobile. Poi è nato Franco, non aveva nemmeno un anno quando ha iniziato a indicare quella moto”. Il resto lo ha fatto proprio Livio Morbidelli, inventando un meccanismo che consentisse di limitare il gas e insegnando a suo figlio, che nel frattempo di anni ne aveva tre o giù di lì, a stare in sella. “Pochi anni dopo – ha raccontato ancora Cristina – Livio si era reso conto che Franco aveva talento e anche che, continuando a vivere a Roma, non saremmo riusciti a garantirgli la possibilità di provarci con le corse. Lui era stato un pilota, conosceva vecchi colleghi tra l’Emilia Romagna e le Marche, la terra dei motori, e abbiamo deciso di vendere tutto e trasferirci proprio a Tavullia”.
Da Roma a “valentinolandia”, inseguendo un sogno e avendo anche la consapevolezza e la responsabilità che quel sogno non doveva pesare sulle spalle di un bambino. E riuscendoci anche. “All’inizio per me era un gioco meraviglioso – ha raccontato lo stesso Franco Morbidelli – Mi divertivo, ma non pensavo che la moto sarebbe stata il mio futuro. Ci speravo, lo sognavo, ma chiaramente non c’era un progetto. In verità ho capito quanto la moto e le corse fossero importanti per me quando ho dovuto fermarmi. È in quel momento che ho giurato a me stesso che avrei fatto il pilota”.
E Franco ci è riuscito, eccome se l'ha fatto. Passando per strade differenti, certo, rispetto a quelle che percorre chi ha quello lo stesso sogno, ma ben altre possibilità economiche. Morbidelli, infatti, è uno di quelli che ha dovuto inventarsela la strada per arrivare. E tra mille difficoltà, soprattutto nel riuscire a trovare i soldi necessari per correre. C’era chi lo faceva per lui, c’era il solito “babbo Livio” che cercava aiuti, sponsor, materiali per permettere a quel figlio pieno di talento di realizzare il loro sogno. Poi, di colpo, quel guerriero che apriva la strada non c’è stato più. “È stata dura – ha raccontato Franco – Un pensiero costante, un dolore enorme. Ma mi sono detto che avrei dovuto reagire per non finire male. Per andare avanti e per non dare altro dolore a mia mamma Cristina. Le moto e le corse sono diventate un appiglio a quel punto. Qualcosa a cui aggrapparsi per non farsi divorare dai pensieri”.
La vita e quella scelta di mollare tutto per trasferirsi proprio a Tavullia avevano, nel frattempo, combinato un incontro per Franco Morbidelli. “Avevo già conosciuto Valentino ed era capitato anche di allenarci insieme alla cava. Stava dando vita all’Academy insieme a Uccio, Albi e gli altri e io sono stato il primo pilota della VR46. Dopo quello che era successo e dopo il titolo europeo vinto in superstock, Valentino mi chiuse in una stanza, nella sua pizzeria, e mi disse che avrebbe pensato lui a me e che gli sarebbe piaciuto portarmi nel mondiale di Moto2”.
Non esiste chi rimpiazza un padre, la figura è insostituibile e il paragone non può neanche essere azzardato: non sul piano umano e nemmeno su quello sportivo. Ma il destino, a volte, fa incontrare le persone giuste, disposte a scommettere sul tuo talento e a condividere il tuo sogno. Un sogno che è divenuto un titolo mondiale proprio in Moto2 e poi un passaggio in MotoGP, fino alla Yamaha, fino a diventare quest’anno vicecampione del mondo a soli 6 punti da Joan Mir. Fino ad un fanclub che porta il suo nome, fino al Rally di Monza come ospite speciale e fino a dividere il box, nel 2021, proprio con Valentino Rossi. Fino a un compleanno, quello di domani, quasi spensierato. Ma anche consapevole. Di cosa? Consapevole del fatto che il mondo delle corse non perdona e che se fino ad oggi non doveva dimostrare nulla, adesso davanti a lui si prospetta l’anno più difficile: quello delle conferme. Ma, visto il passato e una storia che varrebbe un romanzo, non c’è spazio per la paura tra i riccioli di un 26enne che sembra aver già vissuto tante vite.
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