“Quando ad inizio stagione Yamaha mi ha fatto sapere che non avrei avuto una moto identica alle ufficiali ne ho sofferto. Poi con Ramon Forcada ci siamo messi a lavorare ed è stato quasi uno stimolo”. Le parole sono di Franco Morbidelli e anche la firma sul finale che lui, Ramon Forcada e quella Yamaha M1 del Team Petronas sono riusciti a scrivere: vice campione del mondo. A soli nove punti dal vincitore, Joan Mir e con qualche sfortuna di troppo in una stagione che, al netto di un guasto al motore e di un incidente di gara in cui il morbido non aveva colpe, poteva finire anche diversamente. Tanto che adesso sono in moltissimi a ripetere che Franco Morbidelli merita una M1 ufficiale per l’anno prossimo, così come l’avranno Maverick Vinales, Fabio Quartararo e il suo “nuovo” compagno di squadra, Valentino Rossi. La sua, infatti, non è la moto dello scorso anno, ma non è nemmeno quella 2020: l’hanno chiamata Spec. A ed ha componenti differenti rispetto alle ufficiali. E adesso l’affermazione che viene da fare è seguita da una domanda: Franco Morbidelli merita la M1 2020, ma siamo sicuri che la vuole?
Una domanda che arriva anche all’indomani delle dichiarazioni di Fabio Quartararo che in vista dei test invernali ha chiesto a Yamaha di fare un passo indietro. Di provare a tornare, cioè, alla moto con cui nel 2019 aveva fatto molto bene. Ancora di più ha fatto Maverick Vinales, che addirittura vorrebbe la M1 del 2016. Valentino Rossi, invece, ne fa una questione di modus operandi: “Cominciamo bene, poi gli altri crescono e noi restiamo fermi”. E’ chiaro, dunque, che in Yamaha l’unico contento è Franco Morbidelli. Avrà guidato sopra i problemi, oppure i problemi della sua moto sono stati superati? Magari grazie ad un lavoro più individuale, meno legato ai dettami degli ingegneri di Iwata e portato avanti grazie anche all’esperienza di Ramon Forcada?
Che potrebbe esserci bisogno di un passo indietro lo ha in qualche modo ammesso anche il team principal di Petronas, Wilco Zeelenberg. “La moto – ha detto - aveva bisogno di una buona velocità massima di 10-15 km/h in più per evitare di essere sorpassati sui rettilinei. Ma per ottenere questo risultato quando non puoi realizzare una nuova moto devi lavorare su altri aspetti. Solo che poi non tutto può essere testato a dovere e, soprattutto, non è stato possibile in questa stagione. La voglia di sviluppare e migliorarsi sempre a volte porta a blocchi perché sorgono problemi imprevisti”.
E’ chiaro, quindi, che la Yamaha M1 2020 non è una moto da buttare, anche perché è stata comunque la moto più vincente, ma sembra altrettanto chiaro che ci sia bisogno di fare un reset o almeno di tornare qualche passo indietro, per capire dove lo sviluppo della M1 s’è trasformato in realtà in involuzione. Ecco perché la moto di Franco Morbidelli, quella del vicecampione del mondo, sarà verosimilmente il punto di partenza della nuova Yamaha. Ed ecco perché abbiamo il serio dubbio che Morbidelli consideri ancora una sofferenza il non poter contare sulla stessa M1 degli altri.
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