Siamo a Deer Lake nel 1980, a due passi da Philadelphia e Ali pronuncia prima del match del ritorno sul ring con Layy Holmes il suo personalissimo Discorso della Montagna. In un fluire di riflessioni che non hanno più niente della boutade del pre-incontro, della sparata di un pugile alla stampa prima del grande evento, ma che somigliano tanto alle frasi quiete ed eroiche di un uomo di fronte all’approssimarsi del nucleo esistenziale più tragico nella vita di un campione e perfino di un semplice essere umano. Il declino dovuto al tempo che passa. E tu, Muhammad Ali, lo scegli e lo sciogli questo cupo nodo esistenziale semplicemente affrontandolo con un messaggio che anela al trionfo ma sa già di sofferenza, di spirito graffiato, malato, molato e immolato.
Sono le parole più calde, intense e profonde mai pronunciate da un atleta e da un uomo di Sport dal primo giorno delle Olimpiadi nella Grecia Classica a oggi e a scandirle è un Muhammad Ali coi baffi posticci e le tempie di fresco tinte con un provvidenziale testa di moro, a nascondere la canizie e le ingiurie del tempo. «Diventerò quattro volte campione del mondo dei pesi massimi e nessuno nella storia dell’umanità è mai riuscito in questo - È così che cominci -. Ma stavolta non lo farò per me, non è più una faccenda personale, questa. No, no, lo farò per me e per voi, per noi tutti. Io vi dico che tornerò sul ring – pausa studiata, flebile sospiro e poi... - sì, tornerò sul ring per insegnare all’Uomo a non arrendersi mai».
In decine pendono dalle sue labbra. Il grande Gianni Minà è lì per la trasmissione della Rai “Mixer”, con tanto di microfoni e telecamere e il suo amico Ali sembra strizzargli l’occhio quando aggiunge, meravigliosamente messianico: «Sono musulmano, sono Muhammad Ali, ricordate quando vi dicevo che non sarei andato in Vietnam a fare la guerra e che avrei preferito portare il titolo in prigione, piuttosto che andare a sparare a chi non mi aveva mai fatto niente di male? Ho sempre assunto posizioni coraggiose di cui la gente con i soldi ha paura, ma se l’umanità non avesse coraggio, non saremmo mai andati sulla Luna né Cristoforo Colombo avrebbe mai scoperto l’America... Bene, il pericolo è la mia vita e ora sapete perché a quasi quaranta anni ho preso la decisione di tornare sul ring. Io sono uno che ha visioni, il dono della visione che voi non avete, che pensa cose che voi non pensate, che vi indica strade che ancora non conoscete... E io vi dico che tornerò il prossimo 2 ottobre a combattere a Las Vegas contro Larry Holmes e dedico questo mio gesto e il mio combattimento a tutti coloro che hanno bisogno di lavoro, a tutti coloro che si arrendono, a tutti coloro che sono stati abbandonati dai loro cari e temono di non farcela. Lo dedico a tutti coloro che sono su un letto d’ospedale e che si sono sentiti dire “devi morire”. A tutti coloro che si sono sentiti dire dal padre o dalla madre “Non sarai mai nessuno”. Ecco, vedete, sapete da cosa derivano gran parte delle sofferenze all’interno della nostra vita? Dal fatto che ci sentiamo schiacciati, paralizzati e impotenti per i nostri limiti, quelli reali e soprattutto quelli presunti e ritenuti tali. Ci sono limiti che si chiamano “vecchiaia”, limiti che si chiamano “grasso” e limiti che si chiamano “capelli grigi”. Dubbi, paure. Questi limiti impediscono alla gente di credere, però dovete capire che ci sono persone in grado di vedere più lontano di voi e io sono una di queste. Ho visto il Vietnam prima che il mondo se ne accorgesse, ho cambiato il mio nome prima che i neri cominciassero a farlo. Io ho dato l’esempio».