Lo avete mai visto un cuore spezzato?
Ha l'aspetto della disillusione e la concretezza di una gioia mancata. Ha le lacrime agli occhi, ma si trattiene, come nel più banale dei luoghi comuni. Ha le scarpe strette, per entrare nella macchina di un Hamilton molto più basso di lui, e una tuta nera che riesce a malapena a nascondere lo squarcio in mezzo al petto.
Oggi in Bahrain ce ne sono stati parecchi, di cuori spezzati, ma quello di George Russell conteneva quello di ognuno di noi. Perché in Formula 1 questa domenica, per una sola volta in un'intera stagione, non c'era tifoseria, non c'erano punti, non c'era strategia.
C'era il sogno di un ragazzo, uno che per anni ha dovuto combattere nelle retrovie della griglia, per dimostrare di avere sufficiente talento da potersi meritare un posto in un top team. C'era George Russell vestito di nero, sulla monoposto del Re, a urlare a gran voce che anche lui, con la macchina giusta, può ambire al trono.
E ci stava riuscendo, ce la stava facendo davvero.
A battere Bottas, ad arrivare davanti, a salire sul gradino più alto del podio, lui che un podio non l'aveva mai visto neanche da lontano. Ma quando le cose girano male, non c'è perseveranza che tenga. Non conta più il talento, la grinta.
Non conta avere un sogno, neanche averlo tutti insieme.
Si finisce a piangere seduti da qualche parte nel paddock, lontani dal podio e dalle lacrime di gioia di qualcun altro, qualcuno che festeggia la prima vittoria in carriera, quella che sarebbe spettata a te.
Non sa di niente, la delusione, ma fa male come poche cose. Ce l'ha dipinta in faccia, il britannico, metafora di quel cuore spezzato che non possiamo vedere ad occhio nudo.
E oggi non c'è nulla che possa curare questa ferita, neanche gli applausi di un mondo che si è accorto di te, di chi sei, del talento che dimostrerai in mille giorni che non sono questo.
Ma il giorno della consapevolezza sarà domani, non oggi. Domani George Russell si sveglierà e sarà un pilota più forte, più consapevole e incredibilmente più influente nel mondo della Formula 1.
Domani. Perché oggi George Russell vuole solo piangere, seduto da solo, con il cuore spezzato. E le scarpe strette.