Non è uno che parla moltissimo, ma quando decide di farlo non conserva retropensieri e dice tutto quello che ha da dire. Michele Pirro, lo storico collaudatore della Ducati e vera anima del nuovo corso della Desmosedici, ha scelto di non ricorrere a giri di parole: “Prima di questo titolo mondiale vinto con Pecco Bagnaia – ha detto a Speedweek – la Ducati ne avrebbe potuti vincere almeno altri due. Su tutti quello del 2017, con Andrea Dovizioso. Se a Phillip Island avesse fatto un po’ meglio le cose sarebbero andate diversamente”.
Non una critica, sia inteso, ma una constatazione figlia dell’esperienza di chi è dentro le corse, ma ha il privilegio di poter osservare anche con il dovuto distacco. Forse è stato perché non credeva fosse possibile. Sarebbe bastato finire un po' meglio due gare e il risultato finale sarebbe stato un altro. La moto del 2017 era superiore alle altre. La moto che abbiamo dal 2017 è la più completa, ma se cadi, se sbagli... E poi c'era Marc Márquez. Per questo il mondiale che mi fa più male è stato quello del 2020, lì, quando poi a vincere è stato Mir, abbiamo perso una grande occasione, ma anche nel 2021 con Pecco forse potevamo farcela già commettendo qualche errore in meno”.
Rimpianti che ormai non hanno più senso, con Ducati che è riuscita a superare quello che sembrava un vero maleficio. “Dopo il fallimento di Valentino Rossi – ha raccontato ancora Pirro – tutti erano convinti che solo Casey Stoner potesse guidare la Desmosedici. Penso che Vale avesse, come tutti i piloti, bisogno di maggiore fiducia nell’anteriore. Abbiamo lavorato tanto e sodo per cambiare le cose. Un po’ del merito lo sento mio, perché generalmente i collaudatori erano piloti ormai non più in attività con tempi anche di tre secondi inferiori a quelli dei titolari. Io invece sono arrivato in Ducati per dimostrare che avrei potuto correre e nei test spingevo come in una gara. Adesso tendono tutti a avere collaudatori veloci, ma Ducati lo ha fatto prima degli altri. All’inizio per me non è stato facile farmi ascoltare, fare in modo che le osservazioni del pilota, le sensazioni, contassero quanto i numeri. Gli ingegneri vedono la matematica, ma sono seduti su una sedia davanti a un computer. Era difficile andare contro i numeri del computer. Ma col tempo ho guadagnato la loro fiducia e loro mi hanno creduto e ho anche avuto l’opportunità di lavorare con grandissimi piloti come lo stesso Andrea Dovizioso, Jorge Lorenzo, Casey Stoner con cui ho lavorato per sei mesi, e Andrea Iannone”.
Una vita da gregario, quindi, quella di Michele Pirro, che però ha saputo condurla come la conduce un protagonista, arrivando a rendersi indispensabile a Borgo Panigale. “Sono molto contento – ha concluso - perché quando sono entrato in Ducati alla fine del 2012, teoricamente avrei dovuto fare il collaudatore solo per un anno. Avevo firmato con la Ducati per correre, ma poi è arrivato Gigi Dall'Igna e tutto è cambiato. Come pilota un po’ mi brucia il fatto di non aver mai avuto la possibilità di fare una stagione completa del Mondiale, ma sono contento perché penso di aver fatto molto per portare la Ducati a questo livello e con tanti piloti diversi nel Campionato Mondiale Superbike e in MotoGP”.