La stagione 2021 deve ancora cominciare, ma come sempre si parla già anche della successiva. Quella che dovrebbe far assistere, per effetto dei contratti in scadenza tra Dorna e team e tra costruttori e squadre satellite, anche a diversi cambiamenti. Fino a qualche tempo fa veniva dato per certo il raddoppio di Suzuki, con l’azienda giapponese che sarebbe stata disposta a raddoppiare gli sforzi per dare vita anche ad un team satellite dopo la vittoria del mondiale 2020 con Joan Mir.
Poi, però, in casa Suzuki è arrivata la doccia gelata dell’addio (o arrivederci?) di Davide Brivio, che ha accettato la proposta fatta da Alpine in Formula1 e i progetti di un nuovo team sembrano essersi arenati. Gli stessi vertici di Suzuki, prima orientati ad assecondare le indiscrezioni che arrivavano da più parti, hanno puntato i piedi sui freni, facendo capire che l’ipotesi non è del tutto tramontata, ma che comunque si è allontanata ed anche da parecchio. A questo si aggiunge l’annuncio già fatto da mesi (molto prima della scomparsa di fausto Gresini) da Aprilia, che non si appoggerà più alle strutture del Team Gresini per diventare a tutti gli effetti un team factory.
Non basta? C’è anche Carmelo Ezpeleta che ha più volte ribadito che, senza imporre comunque nulla a nessuno, la sua idea è quella che ogni costruttore abbia una e non più di una squadra satellite. Al momento l’anomalia è rappresentata da Ducati, che schiera sei moto e che al momento sembra l’unica intenzionata a mantenere questo tipo di impegno. “Per Ducati – ha detto Paolo Ciabatti in una recente intervista – non è un problema avere sei moto in pista e essere legata a due team privati oltre a quello ufficiale”. Parole che lasciano intendere una volontà a proseguire sulla strada già intrapresa. Con buona pace dello stesso Ezpeleta che, comunque, sarebbe pronto ad accettare nuovamente uno scenario come quello già noto piuttosto che avere un team in meno in griglia. E Valentino Rossi?
E’ noto che il nove volte campione del mondo si prepara a dare vita ad una squadra che porti il suo nome, con il primo passo che, di fatto, è stato già compiuto rinunciando al team in Moto3 per vestire la Ducati Desmosedici di Luca Marini in MotoGP dei colori dello Sky Racing team VR46. Recentemente lo stesso Valentino ha però dichiarato che nelle sue intenzioni c’è quella di correre (se sarà abbastanza competitivo nel 2021) anche nel 2022 e l’anno del suo addio potrebbe coincidere (conflitto di interessi permettendo) con il doppio ruolo di pilota e titolare di un team diverso da quello per cui corre.
Non appare credibile almeno al momento, infatti, che Yamaha e Petronas possano separarsi e non appare credibile neanche che Yamaha possa essere disposta a schierare in pista sei moto, se si considera che delle quattro che schiererà nel 2021 solo 3 sono ufficiali (contrariamente a quanto fanno Honda, Ducati e KTM che invece ne schierano 4 identiche). Per il futuro team di Valentino Rossi, quindi, il futuro potrebbe parlare italiano. Ducati da una parte o addirittura Aprilia dall’altra.
Nel primo caso, subentrando a tutti gli effetti al Team E-Sponsorama, la squadra Sky VR46 potrebbe rinnovare l’accordo con il marchio di Borgo Panigale per la fornitura delle moto. Tutto resterebbe, sostanzialmente, come quest’anno, con la sola differenza che anche la Desmosedici di Enea Bastianini avrebbe la stessa livrea di quella di Luca Marini. Ma la coppia Ducati e Valentino Rossi, visti i trascorsi, potrà mai davvero riformarsi anche se in tempi diversi e con un ruolo totalmente differente per il nove volte campione del mondo?
L’altra ipotesi, che sta prendendo sempre più piede in questi giorni, invece, è quella di una porta aperta in Aprilia, con il marchio di Noale che sarebbe pronto a scendere in pista con 4 moto già nel 2022. In questo caso anche un ruolo sia da team manager che da pilota potrebbe non essere del tutto assurdo per Rossi, visto che il suo contratto con Yamaha e Petronas scadrà alla fine di questo anno e basterà non avvalersi dell’opzione di rinnovo.