Vergogniamoci per loro. Era il titolo di una rubrica ospitata dal settimanale Cuore, in cui veniva effettuata una sorta di servizio pubblico a beneficio di chi proprio non fosse capace di provare imbarazzo per le proprie (squallide) azioni. E se Cuore andasse ancora in edicola, la nuova puntata di “Vergogniamoci per loro” sarebbe dedicata a Malagò Giovanni da Aniene Circle. Un signore che formalmente è presidente del Coni ma nei fatti è un detrito di lunga gittata sparato nei nostri giorni direttamente dagli Anni Cinquanta. E che a causa di questa sua natura vintage non si fa remore a pescare nella cassetta degli stereotipi in disuso. Quelli che avevano smesso d'essere utilizzati quando ancora per le strade della nazione scorrazzavano le Fiat Duna.
È stato così che Malagò ha rispolverato il tema del “gioco maschio”, roba di un'era geologica fa. È successo durante una comparsata pubblica, all'Assemblea Generale della Federazione Italiana Rugby (FIR) da cui è stato eletto il nuovo presidente Marzio Innocenti. Una di quelle occasioni in cui Malagò si presenta fresco e pettinato a squadernare quattro parole di circostanza e senza aver preparato uno straccio di discorsetto istituzionale. In genere gli va di lusso perché trenta secondi dopo nessuno più ricorda cosa egli abbia detto. Ma stavolta no, perché anche il nulla verbale può partorire una gaffe. E la gaffe sta tutta in quella frase con cui il capo dello sport italiano ha detto che, avendo avuto due figlie femmine, rimpiange di non averne uno maschio da far giocare a rugby.
Si è espresso in buona fede, convinto persino di dire una cosa positiva (ma per chi?). Il che è un'aggravante, non un'attenuante, perché certifica una desolante visione del mondo. Forse ha pure cannato un congiuntivo – ascoltando più volte la registrazione, ci pare dica “(...) avendo due figlie femmine, avrei avuto un figlio maschio e sarei stato felice che avesse giocato a rugby” e non “(...) avendo due figlie femmine, avrei voluto un figlio e sarei stato felice che giocasse a rugby”. Ma al di là della sfumatura, rimane la battuta sul rugby come sport per soli maschi. Un'uscita che richiama la tematica ammuffita delle discipline sportive non consone alla pratica femminile, sempre buona a perpetuare i più triti pregiudizi di genere. Giunta pure nei giorni in cui il caso della volleista Lara Lugli ci ricorda come, ancora nel 2021, le donne impegnate nello sport competitivo debbano lottare strenuamente anche per garantirsi un diritto basico come quello alla maternità.
Ma lui fa come se nulla fosse e tira dritto. La prospettiva di essere rieletto non verrà certo minacciata da un infortunio verbale. E quando infine il risultato sarà stato portato a casa, Malagò potrà festeggiare sorseggiando un bicchiere di whisky mentre si gode in tv una partita di Lingerie Football. Il solo gioco che gli renda domestico l'accostamento fra la donna e la palla ovale.