Marc Marquez è tornato a vincere. Sulla sua pista, alla sua maniera. Dopo tre gare finite nella ghiaia, dopo la disperazione, dopo l’ennesimo trionfo di Pedro Acosta che sembra già predestinato a rubargli il posto. Non oggi però. Oggi che il mondo sta tornando quello di prima, senza coprifuoco e zone rosse, la MotoGP torna al 2019, all’ultima gara al Sachsenring vinta dallo spagnolo che raggiunge gli 8 successi consecutivi, 11 in totale.
Al parco chiuso Marc è stato chiarissimo: “Avevo poche chances, ma mi sono detto che anche con una minima possibilità ci avrei dovuto provare. Quando ho visto qualche goccia mi sono detto ecco, questa è la mia gara. E ho spinto ancora di più sotto la pioggia, ho capito che era il momento di prendermi dei rischi”.
Il momento di prendersi dei rischi per lui è quello, quando gli altri chiudono il gas per spirito di sopravvivenza. Lì ha pensato che lui non è come gli altri. Normalmente quei momenti non sono occasioni, sono sfighe da cui ripartire provando a riaggiustare le cose. Nel migliore dei casi opportunità che devi saper cogliere. Lui quel momento di rottura se l’è andato a cercare, ha pregato perché accadesse: se piove mi gioco tutto.
Oggi Marc ha vinto grazie ad un circuito che gli permetteva di fare meno fatica, ma anche grazie al meteo. Difficilmente ad Assen, tra una settimana, le cose gli andranno altrettanto bene. Ma è stato ancora più bello così, perché se avesse semplicemente vinto al rientro nessuno gli avrebbe dato credito dell’impresa. Avremmo detto che per lui è facile perché è un fenomeno. Invece ha sofferto ancora, è caduto ancora, tre zeri sulla lavagna. E ha ricordato a tutti che nemmeno a quelli come lui la vita regala nulla: proprio perché sei Marc Marquez devi rischiare come non fa nessuno. Perché? Perché Marc è come il Marchese del Grillo: io sono io, voi non siete un c***o.
Lo diceva Alberto Sordi, ma nel motorsport lo hanno pensato in tanti, è la base dell’essere pilota. Lo avrà pensato anche Mick Doohan, che dopo l’incidente che gli ha massacrato una gamba ad Assen nel 1992 è tornato per vincere 5 titoli mondiali consecutivi. Ed è proprio con l’australiano che Marc ha parlato a lungo dopo la caduta al Mugello:
“L’ho chiamato per sapere come aveva fatto nel ’92 e ’93 - ha raccontato Marc ai microfoni di Sky - Lì ho capito tante cose. Mentre parlava ho chiuso gli occhi, siamo stati mezz’ora al telefono ma ha parlato solo lui, io ascoltavo e sembrava che stesse parlando di tutto quello che mi era successo. Diceva che all’inizio non capiva niente sulla moto, poi andava meglio, poi faceva degli errori che non era solito fare… Qualche caduta senza capire, lui faceva una cosa e la moto un’altra, ed è quello che mi stava succedendo”.
L'ennesima riprova del fatto che la testa, per un atleta, è tutto: a Marc non sono mai mancate la follia e il coraggio dei tempi d’oro, gli è mancata la sicurezza di potercela fare.