È stato un Mugello strano, il primo senza Valentino Rossi. Saranno stati i prezzi alti, la mancanza di protagonisti, la crisi, l'inflazione, il brutto tempo o la vendita di biglietti annunciata troppo tardi. Saranno le scuse che ci inventiamo per non ammettere che, con la ciclicità che colpisce ogni cosa e ogni sport, il motomondiale sta attraversando un periodo difficile.
Un ricambio generazione che sembra prendere la via opposta rispetto a quella, fortunata e vincente, imboccata dalla Formula 1. Da una parte i giovani faticano a uscire, a spiccare il volo da soli, ad avere una forma dentro lo spazio che li dovrebbe esaltare, spingere, coccolare. Dall'altra i vecchi leoni non hanno lasciato eredi veri, piloti che prima li hanno sfidati e poi ne hanno preso il posto.
Con l'abbandono di Valentino Rossi quel ruolo, già da tempo conquistato con i denti e i successi ma ancora idealmente non suo, sarebbe dovuto andare di diritto a Marc Marquez. Bambino, ammiratore di Valentino, costretto a strappare dalla parete della cameretta il poster del suo idolo, e a crescere diventando nemico dove prima era stato tifoso. I segni del poster, rimasti sulla parete per molto tempo ancora, hanno segnato il suo futuro: pilota infallibile, noioso nei successi senza avversari, odiato per quel 2015, quella macchia sulla tuta impossibile da dimenticare da tifosi, non tifosi, appassionati di ogni sport. Lui che senza Valentino doveva finalmente riscattare il ruolo del re, quello che si era guadagnato con otto titoli mondiali vinti, proprio lui oggi manca alla MotoGP più di tutti. Doveva essere il passaggio da un prima a un dopo, il nuovo padrone che accoglie uno sfidante, ma i suoi infortuni hanno cambiato tutto. E l'annuncio di un nuovo intervento, il quarto a quel braccio disperato, è arrivato proprio al Mugello. Terra un giorno nemica, piena di tifosi avversari, che in un momento ha deciso di cambiare storia.
È la storia di una pit lane aperta e di un omaggio italiano a Marc Marquez che neanche i romanzi avrebbero saputo immaginare così. Nella tradizionale passeggiata della domenica mattina in pit lane dei tifosi più fortunati, tra box aperti e box chiusi, un fiume di persone si sono radunate davanti a quello dello spagnolo, nemico giurato di un'intera generazione di appassionati di due ruote. Niente fischi, niente insulti. Niente di quello a cui da anni ci avevano abituati.
Applausi, solo applausi al Mugello per Marc Marquez. Parole di incoraggiamento, in italiano e in spagnolo, così forti e sentite da portare il pilota a uscire dal box, ringraziare i tifosi e scattare qualche fotografie. "Non ti arrendere" gli urlavano i più lontani e lui, già vestito e pronto per scendere in pista per la sua ultima gara prima della nuova operazione, continuava a fare segno di no con la testa.
No non mi arrendo, no non ci voglio neanche pensare. No, non sta succedendo davvero: il Mugello, terra di tifosi di Valentino, che applaude e incita e chiede un ritorno in pista, un ritorno vero però. Un rientro del Marc Marquez che conoscevamo, quello che riprendendosi il trono restituirebbe gerarchie là dove non ci sono più. È una storia di speranza, quella degli applausi al Mugello e degli occhi lucidi di Marc, una speranza che inizia da un'operazione - la quarta nel giro di due anni - e si conclude, si deve concludere, con un ritorno.