Alzare le mani dal manubrio prima del traguardo è seducente ma anche pericoloso. Il Napoli l’ha sperimentato sulla sua pelle ieri sera contro il Milan, nella peggior partita di una stagione sinora straordinaria. Mancava Victor Osimhen, certo, il calciatore più forte e decisivo del campionato, 21 reti, una media di un gol ogni 90 minuti o poco più, il peso di determinare l’andamento delle gare anche senza andare in rete, tra strappi, pressing, una presenza fisica ed emotiva dominante. Ma la sconfitta degli uomini di Spalletti - netta, senza appello - appare una conseguenza, oltre che di una giornata storta, anche di un rilassamento generale dovuto alla quantità industriale di punti di vantaggio sulle avversarie per il titolo. Come se fosse venuto meno il mordente per continuare ad ammazzare il campionato. Sono 16 i punti di margine sulla Lazio, addirittura 20 sulle milanesi e sulla Roma, mentre per la Juventus esiste un conto a parte: sono 27, in attesa dell’esito del ricorso al Collegio di Garanzia del Coni (il 19 aprile) per il primo filone del processo sportivo, quello sulle plusvalenze, che potrebbe confermare la penalizzazione di 15 punti ai bianconeri, azzerarla del tutto oppure, terza strada, una riduzione della penalità.
Il Napoli in ogni caso vincerà lo scudetto. Il vantaggio è troppo ampio, è un campionato che non ha mai avuto storia, mancano all’appello poche vittorie, cinque, forse anche quattro, su dieci gare al termine. Gli azzurri sarebbero ancora in media per arrivare a 100 punti, se davvero interessasse e valesse qualcosa centrare quella quota. Le inseguitrici, si fa per dire, sono in media per farne 70 o poco più, il Milan si sta riprendendo ora dopo mesi in calo, l’Inter ha perso dieci partite su 28, la Lazio è la sorpresa in positivo, la Roma arranca ma resiste in zona: solo la Juventus è sopra la quota dei due punti a partita: un fattore che indica una competitività verso il basso, sebbene il comportamento delle italiane nelle coppe abbia dato adito a pensieri opposti sulla qualità della Serie A. In ogni caso, la batosta subita dai rossoneri - nella miglior versione stagionale, con Leao extralusso - è stata determinata con ogni probabilità anche dall’ambiente che davvero ha iniziato a festeggiare, celebrare lo scudetto in anticipo rispetto ai tempi. Striscioni, bancarelle, dolci e menù di ogni tipo già preparati in onore dei calciatori più rappresentativi, un sentimento di felicità diffuso, comprensibile per una piazza che ama il calcio e che non vince il tricolore da 33 anni.
L’altro lato della luna della festa itinerante per le strade di Napoli e provincia è avvolgere anche la squadra, sinora capace di isolarsi e produrre punti e spettacolo: si sono visti calciatori assenti, quasi spaesati, di sicuro poco concentrati, mentre i milanisti, che si giocano un posto per la prossima Champions League, hanno arato l’erba del Maradona. Una differenza di passo, di intensità che potrebbe anche far pensare a un lavoro specifico della banda Spalletti in vista della doppia sfida di Champions con i rossoneri (andata il 12 aprile, ritorno il 18 aprile) ma il segnale è arrivato, mollare la presa troppo presto genera una sensazione di straniamento, sia nei calciatori che nell’ambiente napoletano, segnato anche dalla distanza siderale tra il presidente De Laurentiis e gli ultras, che ieri ha raggiunto il suo picco con la contestazione durante la partita: c’è stato l’invito di un segmento del tifo organizzato, anche in modo piuttosto violento (le immagini delle risse tra gruppi è virale sui social) a non sostenere la squadra che sta dominando il torneo. Lamentano l’impossibilità, determinata dalla Questura di Napoli, di portare all’interno dello stadio bandiere, megafoni, in realtà i rapporti con la proprietà sono inesistenti da tempo, De Laurentiis è forse il primo presidente nel calcio italiano che ha volutamente, ostinatamente tagliato ogni legame con il tifo organizzato e tutto ciò che comporta. In ogni caso, la contestazione di una fetta del “Maradona” al Napoli e al suo presidente è una pagina surreale, in una serata surreale. Spalletti nel post gara ha indicato Lecce - venerdì alle 19 - come la tappa per decriptare il passaggio a vuoto del Napoli: riprendere il cammino, anche emotivo, serve per il rush finale e soprattutto per la Champions League.