Nell’Università della Formula Uno, al rientro dalla pausa estiva, Max Verstappen si fa ancora più grande. Dimostra più dei 24 anni che ha, esprime a pieno tutte le sue doti da campione e firma una rimonta da record. Dalla quattordicesima alla prima posizione in dodici giri, primo pilota da oltre 60 anni a vincere due gare consecutive partendo più indietro della decima posizione. L’ultimo a riuscire in questa impresa fu Bruce McLaren nel 1960.
Ed è una vittoria, quella a Spa, che profuma di maturità e dominio. Una prova di forza, arrivata rifilando decimi su decimi a tutta la griglia. Alla fine dei 44 giri previsti, il bilancio è quasi imbarazzante: Verstappen taglia il traguardo con un distacco di ben quasi 18 secondi dal compagno di box Sergio Perez, e quasi 27 dal terzo classificato, Carlos Sainz. È la 29esima di Max in Formula 1, che così diventa ottavo pilota per vittorie nella storia e sempre più leader di questo campionato che, tra le sfortune e gli errori degli altri, lo accoglie campione assoluto, mai falloso contro l'avversario Charles Leclerc, mai in discussione per meriti e talento.
Un successo che replica, solo a una settimana di distanza, anche in Olanda - nella sua Zandvoort - dove l’odore pungente della salsedine si intreccia con i rombi dei motori e gli spalti si colorano di arancio insieme al cielo. Dove trionfa, senza avversari da dover mai davvero battere, allunga sul campionato e sorride felice guardando la sua famiglia dal gradino più alto del podio, mentre un po' barcolla sulle sue scarpette d'oro, simbolo del campione del mondo in carica.
Di quel ragazzino che provava i sorpassi sui videogiochi sognando la Formula 1 oggi rimane poco. Max si è sbrigato a crescere, ha imparato a convivere con le domande dei giornalisti, le critiche e le aspettative da talento precoce, a partire da quelle di suo padre, primo mentore e allo stesso tempo primo grande detrattore da conquistare. Ha riscritto la storia di questo sport lo scorso 12 dicembre a Yas Marina, interrompendo la striscia di titoli vinti da Lewis Hamilton, diventando il primo olandese a laurearsi campione nel mondo nella massima categoria del motorsport.
Quest’anno Max è tornato in pista con il numero 1 stampato sul musetto e la voglia di riconfermarsi ancora come il migliore in griglia. E ci sta riuscendo, ci sta riuscendo benissimo. C’è chi, anche dopo queste dominanti vittorie a Spa e a Zandvoort, si chiede quanto sia merito di Verstappen e della potenza della sua Red Bull e quanto invece incidano le imperfezioni, i problemi e la sfortuna in casa Ferrari.
Oppure ancora: “Ovviamente vince, ha la macchina migliore!”. Così come, prima di lui, si diceva di Hamilton, di Vettel, di Schumacher e di qualsiasi altro vincente. Ma cosa si vuole dire ad un pilota che in questa stagione di errori ne ha fatti zero? Che quando cala nel suo abitacolo assomiglia più ad un automa che ad un essere umano? Che riesce a concludere la gara in settima posizione anche col fondo danneggiato, come è successo a Silverstone?
Niente, ecco che cosa si dovrebbe dire guardandolo sul gradino più alto del podio. Il silenzio che spetta ai vincenti, con l'orgoglio di chi - per arrivare dov'è - ha rinunciato, e sacrificato, più di quanto oggi si possa vedere.