I più attenti se ne saranno accorti. Sulle tute di Franco Morbidelli e Valentino Rossi per il GP d’Italia sono comparse delle appendici aerodinamice. Degli ‘artigli’ posti sulle protezioni per le spalle sviluppati da Valentino Rossi e Dainese. Abbiamo contattato l’Ing. Giulio Bernardelle di In- Motion Group, colonna portante del DopoGP con Nico e Zam su Moto.it, per capire meglio per cosa sono state sviluppate e che direzione ha preso l’aerodinamica nel motomondiale. Ecco cosa ci ha raccontato.
Sulla tuta di Valentino Rossi sono comparsi degli “artigli” sulle protezioni alle spalle: per cosa sono stati sviluppati?
“Sono piccoli dettagli, non fanno un grandissimo effetto. Diciamo che la MotoGP, con questo regolamento, vive sviluppando piccole cose come questa. L’aerodinamica moderna è tornata sulle carene della Ducati, poi gli altri hanno seguito e nel tempo vedremo un’evoluzione. Chiaramente rispetto alla Formula 1 il pilota è esposto, quindi tutta la parte relativa al casco, alle spalle e alla schiena della tuta è un oggetto aerodinamico che deve essere sviluppato. Lo si fa da tanti anni: nei Novanta nacque la gobba, poi i caschi con la parte posteriore per chiudere la gobba…”
Come lo Shark introdotto in passato da Jorge Lorenzo, poi ripreso da altri costruttori. Pensi che in futuro la tuta sarà sempre più ottimizzata per i flussi aerodinamici?
“Le alette sulla tuta di Valentino servono in rettilineo, aiutando a guidare i flussi d’aria che creano dei vortici. Anche perché la tuta del pilota non è una superficie aerodinamicamente uniforme. Con questi accorgimenti si tenta di guidare meglio il flusso dell’aria ed evitare che i vortici scompongano l’assetto della moto, creando vibrazioni o movimenti laterali in rettilineo. È chiaro che a 360 Km/h questi dettagli diventano importanti. Ma non vedremo applicazioni di ali sulla tuta del pilota, e questo semplicemente perché aumentare il carico aerodinamico sul pilota andrebbe ad aumentare la sua fatica”.
Niente tuta alare per la MotoGP quindi.
“No, ma vedremo sempre più aerodinamica sulle moto. E questo negli ultimi anni ha portato ad una crescita delle velocità in curva davvero notevole. È una cosa dovuta alle Michelin, ma anche alle ali. Chi fa il regolamento dovrebbe intervenire con più precisione. Adesso funziona ancora in maniera approssimativa: Il costruttore presenta la carena alla commissione - di cui fanno parte persone di Dorna e FIM - e poi c’è un giudizio abbastanza arbitrario, perché il regolamento è piuttosto scarno in questo senso”.
Dopo la querelle sulle ali inglobate nella carenatura ognuno ha fatto un po’ come voleva.
“Esatto, quindi andrebbe fatto qualcosa di più preciso, perché non può essere tutto lasciato in mano al giudizio personale dell’organo di omologazione. Anche perché rischia di diventare pericoloso, ormai le velocità in qualche curva non sono più adeguate alle vie di fuga”.
L’elettronica in MotoGP è tornata indietro, ma i tempi continuano ad abbassarsi: merito dell’aerodinamica o degli pneumatici?
“È dovuto principalmente allo sviluppo delle gomme. Da quando la Michelin, nel 2016, è tornata nel mondiale, lo sviluppo è stato davvero importante. Anche perché i francesi si sono dati l’obiettivo della prestazione e, secondo me, è una cosa abbastanza discutibile. Loro volevano dimostrare che le MotoGP con le Michelin vanno più forte rispetto alle Bridgestone ed è comprensibile da un punto di vista di marketing, ma questo porta ad un monogomma un po’ assurdo. Perché se i piloti devono avere le gomme tutte uguali non ha senso che ci sia tutto questo sviluppo, perché poi i piloti passano i weekend di gara a testare le gomme. Gomme che oltretutto hanno una finestra di utilizzo molto stretta, quindi ci sono piloti che vanno molto forte in una gara e poi in quella dopo sprofondano”.
E le ali?
“Le ali sicuramente hanno contribuito. Si pensava che fossero state introdotte per evitare che la impennasse nei rettilinei, ma in realtà l’obiettivo più grande è quello di stabilizzare i carichi aerodinamici tra anteriore e posteriore. Una cosa che in fase di uscita di curva permette al pilota di sfruttare molto più motore, di conseguenza i tempi in percorrenza i curva si sono drasticamente ridotti. Io non sono molto d’accordo, ma la MotoGP sta seguendo l’impronta della Formula 1, dove sulla carta è tutto uguale per tutti”.
Più è così sulla carta però, più le differenze reali sono amplificate.
“Certo. Ma se Dorna vuole fare questa cosa ha bisogno di un regolamento simile a quello della Formula 1, che è una cosa complicatissima… La studiano gli ingegneri. Se vuoi davvero tutto uguale per tutti devi fare quel tipo di regolamento”.
Abbiamo visto Yamaha vincere in Qatar e Mugello e - per quanto sia in parte per via dell’infortunio di Quartararo - Ducati ha vinto a Jerez e Le Mans. Cosa possiamo aspettarci dal Montmelò?
“A fare la differenza, secondo me, saranno soprattutto le gomme e chi saprà farle lavorare meglio. Da questo punto di vista Quartararo e la Yamaha sono assolutamente i più in forma, perché senza problemi fisici probabilmente avrebbe vinto 5 GP su 6. Questo è il dato di fatto emerso nella prima parte di stagione. L’altra squadra che vedo molto competitiva è la Suzuki. Peccato che Mir, ma soprattutto Rins, abbiano sprecato tantissime occasioni. Mi sembra che Joan si stia rimettendo un po’ a posto in termini di concentrazione e al Mugello non è andato neanche così male in prova. Quindi, secondo me, a Barcellona saranno anche loro della partita”.