Mcgregor, campione di MMA, lo sportivo più pagato al mondo noto anche per il “money match” con Mayweather (forse la più grande buffonata degli sport da combattimento, utile più per gli sponsor e le loro tasche che per lo sport), eccentrico personaggio che ha dato spesso prova di oltrepassare i confini del buongusto e del vivere comune. Oltre che sul ring, dov’è stato grandissimo campione, McGregor si è costruito un’ immagine eccessiva, provocatoria, estrema. Dall’abito gessato con i “fuck”, alle folli spese; dal lancio di sedie contro un pulman nel 2018 , alla sua capacità di distruggere psicologicamente gli avversari prima, durante e dopo i match, Mcgregor ha una personalità che è sfociata ripetutamente nel senso di onnipotenza, dove si oltrepassa la sicurezza in se stessi, per entrare nella dinamica Io=Dio, dove esiste solo una ragione funzionale, che passa anche dai capricci o dal pensiero (sballato) che posso dar retta agli istinti senza pagar le conseguenze.
Insomma, Mcgregor è il mito sportivo a cui oggi tutto è concesso perché l’ha raggiunto con sudore, dolore e determinazione, peccando di superbia e oltrepassando i confini anche fuori dal ring. A parte questa premessa, appare chiaro che una persona con queste caratteristiche, ha bisogno di mantenere sempre alto il controllo di sé e delle sue azioni, Mcgregor non è mai stato campione di sobrietà.
Ed è grave.
È grave perché se una persona conosce un proprio mito e questo perde il controllo, ti ferisce due volte.
È grave, poi, porsi tra fazioni, nel pensare che una persona come Francesco Facchinetti in qualche maniera “se l’è meritato il pugno” o “ringrazia che non l’ha caricato”. Uno schiaffetto tirato da lui, su una persona non allenata e che comunque non se l’aspetta, ha l’impatto di un tamponamento a bassa velocità: non sarà quello a ucciderti, ma lo senti nel corpo e nella psiche. E Facchinetti non è sicuramente Mayweather.