Fabio Quartararo ha vinto una gara mescolando meglio degli altri velocità e strategia, forte dell’esperienza accumulata dopo la prima gara del Qatar in cui (come altri) aveva chiesto troppo alle gomme nella prima parte della corsa. Ducati beffate in casa quindi, e un mondiale che, visti gli equilibri in campo, sembra tornare di colpo al tema della stagione: cosa farà Marc Marquez? Tutto sommato però, in conferenza stampa si è parlato soprattutto della lite tra Jack Miller e Joan Mir. L’antefatto visibile a tutti è stato il sorpasso del campione del mondo sull’australiano alla curva 10, risolto con un piccolo contatto tra i due e con Miller costretto ad allargare la traiettoria. Poi la risposta: Mir esce leggermente largo alla 16, la curva che immette sul lungo rettilineo, e Miller lo affianca. Sul rettilineo c’è il contatto, con la Suzuki dello spagnolo che finisce sull’erba e i due che si mandano a quel paese per qualche centinaia di metri ad oltre 200Km/h. La versione dei due piloti, ovviamente, è piuttosto diversa. Per Jack Miller è un’incidente di gara, Mir avrebbe dovuto chiudere il gas e lasciarlo passare, per Joan Mir è stata una manovra pericolosa (e da sanzionare) in quanto cercata di proposito. Queste le parole dei due.
Le parole di Jack Miller e Joan Mir dopo Qatar 2
Jack Miller ai microfoni di Sky: “Ho fatto del mio meglio, stavo facendo una buona gara. Quando era dietro di me - capisco che la Suzuki fosse più veloce in curva e noi nei rettilinei - ma mi è venuto addosso almeno tre volte. Tra la prima e la seconda curva, al primo giro. E poi alla curva 6 e alla 10. Alla 16 lui è andato largo e, come avete visto, ho protetto la mia traiettoria. Non l’ho fatto di proposito, non era una vendetta, stavo soltanto proteggendo la mia traiettoria. Lui è andato lungo con Rins e voleva rientrare prendendo la mia linea. Anche Espargarò è andato lungo, io invece no. Sono rimasto sulla mia strada e ho continuato con la gara. Comunque non voglio parlarne troppo, sono cose che succedono nelle corse”.
Joan Mir in conferenza stampa: “Non ho molto da dire. La curva 10 era l’unico punto in cui potevo superarlo, e ho preso la posizione. Lui ha deciso di tenere l’esterno, ci siamo toccati leggermente e poi ho fatto una manovra rischiosa, che però non giudicherei oltre il limite. Era okay. Poi ho alzato una gamba per chiedere scusa, perché quando succede una cosa del genere in gara preferisco chiedere scusa. Non potevo evitarlo. Più avanti nello stesso giro sono arrivato leggermente largo all’ultima curva e ho visto Jack muovere la testa: mi aveva visto, io sono stato più largo per evitarlo. Jack è mi è venuto addosso e ci siamo toccati, siamo quasi caduti sul dritto per questo motivo. È stata una manovra rischiosissima e davvero pericolosa. Penso che lo abbia fatto apposta. Il mio team vedrà se fare ricorso, di sicuro queste manovre in MotoGP sono oltre il limite. Se l’ha fatto di proposito -come credo - merita una penalità. Altrimenti no, ma credo che abbia spostato la testa, che mi abbia visto benissimo. Guardate cosa è successo tra me ed Aleix Espargarò. La stessa cosa, ma in quel caso ero io al posto di Jack. Lui si è spostato, io l’ho visto e non gli sono andato addosso perché rispetto i rivali. E credo che Jack in questo caso non abbia mostrato rispetto”.
La sensazione, banalmente, è che Jack Miller abbia perso la calma. Può darsi che si siano toccati più volte durante la gara, e vedere le altre Ducati nelle posizioni che contano non deve averlo aiutato. Come non deve essere stato facile per Joan Mir rendersi conto che passare una Ducati a Losail è difficilissimo anche se vai più forte, cosa che magari lo ha reso più ostinato nel cercare un sorpasso che non poteva fare.
Comunque la si voglia vedere l’episodio è un déjà vu di Suzuka 2001, quando Max Biaggi diede una gomitata a Valentino Rossi facendolo finire sull’erba. Poco dopo Valentino superò Max e gli dedicò un dito medio passato alla storia. Sono passati vent’anni, protagonisti ed equilibri in campo sono diversi e la rivalità tra i due non ha mai fatto notizia come fu invece per i due italiani. L’immagine però è quasi la stessa. Vent’anni di corse hanno cambiato tutto, dalle moto alle gare, ma hanno cambiato anche buona parte dei suoi protagonisti: più attenti a non dire la cosa sbagliata, a fare un passo indietro e a raccontare una versione pulita per i giornali. Più attenti con la preparazione, con il fisico, con la strategia. La brutta scena del Qatar però ci ricorda che i piloti, alla fine, sono sempre piloti. Anche dopo vent’anni, sono soltanto lì per vincere. Senza sconti, senza favori. Ed è giusto che sia così.