82 anni vissuti oltre la velocità consentita dalla legge che oggi, guardandosi indietro, sembrano appartenere ad un numero incalcolabile di vite diverse. Jackie Stewart, tre volte campione del mondo di Formula 1 e iridato più anziano in vita, è un pilota dalle mille sfaccettature, a cui il circus sarà per sempre riconoscente per la battaglia sulla sicurezza che lo ha reso celebre, ma la cui storia parte da molto più lontano.
Classe 1939, giovane promessa del tiro al volo, lo scozzese prese parte - anche se nel ruolo di riserva - alle Olimpiadi del 1960 nella squadra britannica delegata. I successi nella disciplina però non riuscirono a tenerlo lontano dalla sua vera passione, quella per la velocità, che si consumava tra le mura di casa dove il padre era possessore di una concessionaria della Austin prima e della Jaguar poi.
Il fratello, pilota amatoriale, lo introdusse al mondo delle corse automobilistiche, dove una storia fatta di fedeltà (per la Tyrrell), talento e coraggio lo portarono a vincere tre mondiali di Formula 1, 1969-1971-1973, per un totale di 99 Gran Premi disputati. Erano tempi diversi per il motorsport, in un mondo che scorreva più lentamente (basti pensare che Stewart ha corso meno Gran Premi in Formula 1 di quante pole position ha conquistato Lewis Hamilton) ma dove la vita veniva consumata alla velocità della luce.
Non c'era spazio per la paura, li dove si bruciava la vita. Ma c'era, secondo lo scozzese, spazio per la sicurezza. Come per ogni grande punto di svolta che si rispetti, nelle vite dei grandissimi, anche nella parabola di Jackie Stewart ci furono dei giorni indimenticabili e indimenticati che diedero vita alla sua crociata per la sicurezza.
Il primo avvenne al primo giro del Gran Premio di Spa del 1966. Lo scozzese fu coinvolto in un incidente e rimare bloccato all'interno della vettura per 25 minuti perché il piantone dello sterzo deformato gli bloccava una gamba e non c'erano nelle vicinanze commissari di pista o strumenti adatti per estrarlo. Il serbatoio della macchina si era squarciato durante l'urto, facendo uscire una grande quantità di benzina, che inzuppò completamente la tuta di Stewart. Una qualsiasi scintilla avrebbe potuto provocare un incendio e arderlo vivo. Graham Hill e Bob Bondurant lo fecero uscire usando una chiave inglese di un kit di uno spettatore. L'ambulanza arrivà in ritardo, si perse lungo il percorso, e il pilota venne mosso senza attenzione nonostante si sospettasse un danno alla spina dorsale.
Il secondo crocevia fu il Gran Premio di Monza del 1970. Lo scozzese inseguiva il titolo impossibile, cercando di strapparlo dalle mani di Jochen Rindt che, grazie alla bellissima Lotus 72 di Colin Chapman, manteneva saldamente il comando con un ampio vantaggio in classifica. Durante le qualifiche del sabato, Rindt perse il controllo della vettura alla Parabolica, andando a urtare violentemente contro il guard-rail. La vettura si disintegrò e Rindt morì durante il trasporto all'ospedale. Vinse comunque il titolo, postumo, grazie a quel vantaggio che Stewart non riuscì a colmare sul finale della stagione.
Il terzo fatto avvenne quando, nel 1973, lo scozzese aveva già preso la decisione di ritirarsi alla fine di quell'anno dal mondo delle corse. Una scelta maturata fin dall'inizio della stagione che sembrava doversi coronare nel migliore dei modi nel weekend di Watkins Glen, l'ultimo della stagione: Stewart aveva vinto il titolo, la domenica avrebbe corso la sua ultima gara che - caso vuole - sarebbe stata anche la centesima della sua carriera. La Tyrrell avrebbe annunciato a François Cevert, compagno di squadra e amico di Jackie, che l'anno successivo sarebbe stato lui la prima guida del team. Lui, così affascinante con quegli occhi azzurri e il sorriso sincero, di cui si chiacchierava un flirt con Brigitte Bardot, lui a cui Helen, la moglie di Stewart, mandava un bacio prima di ogni gara.
François morì nel corso delle qualifiche di quel fine settimana in un incidente dalle dinamiche mai davvero chiarite. I primi ad accorrere sono Carlos Pace e, neanche a dirlo, l'amico e compagno di squadra Jackie. Lo scozzese poi riferirà "Sembrava di essere nel luogo di un disastro aereo. L'hanno lasciato nell'auto perché era chiaramente morto".
Stewart chiuderà lì la sua carriera da pilota. Non prenderà parte al Gran Premio del giorno successivo, non raggiungendo mai quota 100 Gran Premi. Ma la sua lotta per una Formula 1 più sicura, iniziata quasi dieci anni prima, si farà sempre più intensa, trasformando lentamente il circus in quello che oggi conosciamo.
E in quello che ancora adesso Jackie Stewart, 82 anni oggi, considera il suo più grande successo. Più dell'aver partecipato alle Olimpiati e aver vinto tre mondiali di Formula 1. Più dell'essere una leggenda immortale del mondo dei motori.