È un po’ il concetto della profezia che si autoavvera: dopo avere condotto l’Italia alla Davis e avere trionfato nel suo primo Slam, domenica Jannik Sinner ha vinto anche l’Abn Amro open di Rotterdam, un Atp 500 che, in una fase come questa, aveva un trionfatore in pectore ancor prima di cominciare, ed ecco allora l’altoatesino ottenere nella finale contro De Minaur ciò che era nelle attese e nei pronostici. Sarà anche vero che Rotterdam non è Melbourne, ma Sinner ha così aggiornato un albo d’oro che aveva parlato italiano solo nel 1991 (Omar Camporese, memoria azzurra d’antan, in era di vacche non così grasse per l’Italtennis), lanciandosi al terzo posto del ranking Atp, dove nessuno mai, nel tennis italiano nell’era dei ranking ufficiali, era mai arrivato, né tra gli uomini né tra le donne. E il primo posto già nel 2024, a guardare tornei e precedenti suoi e degli avversari, oggi è una possibilità.
Bene, benone, e se pareva scontata – posto che non poteva esserlo, ma di questi tempi va così – la vittoria di Sinner, ancora più scontato era prevedere i messaggi di melassa retorica di una politica che neppure si rende conto di come quello che è per tutti “orgoglio nazionale” (Salvini) e che si prende il “grazie per le emozioni che stai regalando all'Italia” da parte di Giorgia Meloni – la quale ripubblica il selfie post Australian Open – rappresenta esattamente il simbolo italiano più internazionale che c’è, quello che maggiormente si discosta dall’enfasi patriocentrica di alcuni dei quali lo esaltano per le vittorie di bandiera.
Qui non è in discussione la propaganda che la politica fa sui successi sportivi, sai che novità, né l’eventuale schieramento di Sinner, fatti suoi, quanto piuttosto il grossolano e grottesco errore di prospettiva di tutti coloro che gli appiccicano la bandierina del made in Italy per godere di qualche riflesso della sua luce. Dell’italianità di Sinner su queste pagine si è scritto più volte, e il punto non ha nulla a che vedere con la carta d’identità, è una questione di mentalità e di atteggiamento: Sinner è un ragazzo intelligente e aperto, uno che guarda al mondo, non ai salotti affollati di padroni e peones in stile Grande Bellezza e in questo senso è, al contrario, proprio il simbolo per una pletora di ragazze e ragazzi ai quali l’Italia avvitata su sé stessa va stretta, e paradossalmente pure un asintoto per le loro speranze, considerando lo spirito del tempo politico.
Per il mestiere che fa è costantemente in giro per il mondo e, per la fortuna economica che ha meritato e ottenuto, quando è a casa è nel Principato di Monaco, dove risiede anche per il Fisco; nei palazzi della politica italiana ci va perché invitato – nonché insignito di titoli onorifici – e sorride di circostanza, sì, perché si fa così, ma può permettersi di mandare a stendere Amadeus e tutto il carrozzone di Sanremo con un’eleganza che cela il ghigno di chi in fondo se ne frega ma lo fa senza sfottere. Del resto può contare su uno staff che, oltre agli uomini di fiducia di sempre che danno il senso del fatto in casa (ma una casa molto vasta), conta di professionisti divenuti tali perché hanno lavorato con realtà internazionali, non solo con i miti di quartiere, e certe logiche e piccinerie non le hanno mai introiettate. Di più: dal 2019, neppure maggiorenne, a seguirlo nelle partnership commerciali e nei rapporti con i media è la StarWing Sports, una quotata agenzia londinese, che filtra essendo fuori dai tipici condizionamenti mediatici italiani, quelli in modalità Marchese Del Grillo. Quelli, per dire, che lo imposero come “Caso Nazionale”, salvo poi porsi a guida del carro dei celebranti.
Una gestione, la sua, che non ha pari in quanto ad approccio, appunto ben poco italiano, neppure tra tanti atleti azzurri capaci, negli ultimi anni, di riscrivere la storia delle rispettive discipline attraverso risultati iconici, ed è per questo che analizzare certi tweet porta principalmente a ridicolizzarli e a ridicolizzarci, tutti, perché anche lì si evidenzia lo zeitgeist di una comunicazione pubblica, in definitiva, sempre più sciatta e fasulla.