I francesi, che lo adorano, gli hanno dedicato un film, mentre gli italiani per lui hanno eccezionalmente messo da parte una naturale antipatia sportiva per i suoi connazionali in favore di un affetto sincero. Johann Zarco fa questo effetto perché di piloti come lui non ce ne sono, non in MotoGP almeno: trentatré anni il prossimo 16 luglio, due titoli mondiali consecutivi nella classe di mezzo accompagnati da un gran numero di capriole all’indietro, un buon repertorio tra chitarra e pianoforte oltre, inutile a dirsi, uno stile di guida diverso rispetto a tutti gli altri. Quando parli con lui sai che non ti dirà bugie, piuttosto starà zitto o si rifiuterà di parlare. E sai anche che se non è d’accordo con te non lo scoprirai da altri perché lui non avrà fatto nulla per nasconderlo. Lo incontriamo nell’hospitality del team Prima Pramac, sono le 15:00, per la MotoGP è il giovedì del Gran Premio d’Olanda ad Assen. Johann sta bevendo succo di pesca, chiede se ne vogliamo un po’ e quando diciamo di sì travasa un po’ del suo in un bicchiere vuoto. Non è male, questo succo.
Johann, al Sachsenring hai fatto un gran numero di sorpassi e belle manovre alla 11, poi hai detto che è il tuo punto forte su tutto il campionato. C’è una pista in questo calendario che è un po’ la tua curva 11?
“Ah, forse direi Barcellona. Quella è la pista migliore per me, lì sento di avere il livello per vincere: è una pista grande, con curvoni veloci e due staccate soltanto”.
In tutta la MotoGP un altro Johann Zarco non esiste: i fan dei paragoni possono confrontare Marquez e Rossi, Bezzecchi e Simoncelli, Miller e Crutchlow. Tu però sei unico: chi sono i tuoi eroi della velocità?
“Io ero fan di Valentino e lo sono ancora per come è stato veloce, Marquez mi impressiona moltissimo. Anche tra i piloti con cui corro ce ne sono molti. Di esempi… avevo letto qualche storia su piloti del passato, anni Settanta, Ottanta. Non mi esce il nome ma lo posso trovare”.
Barry Sheene?
“No, lui è una star. Un pilota italiano, adesso lo cerco…”
Marco Lucchinelli? Virginio Ferrari?
“No, no, aspetta che lo trovo… Walter Villa! È stato tre volte campione del mondo di fila, quattro in tutto… ma faceva la sua vita e poi se ne è andato, un uomo normale che è diventato campione. Una volta mi sono detto che anche così mi andrebbe bene”.
Tu quando hai deciso di fare il pilota? C’è questa storia famosa di te che vai via di casa in motorino a diciassette anni.
“Ah, quando ho capito che volevo fare il pilota avrò avuto quattordici anni. Facevo il campionato italiano minimoto e il mio allenatore poteva farmi crescere e insegnarmi a diventare un pilota. Questo mi ha motivato a provarci, quando ho preso il motorino l’ho fatto perché volevo vincere la Rookies Cup e vivere al massimo la moto”.
Sei stato anche il primo a vincerla, la Rookies Cup.
“Sì. Un bel ricordo”.
Ti senti mai un uomo in un mondo di ragazzini? Non per l’età, ma perché da fuori sembri l’unico che sappia cosa vuol dire pagare una bolletta, fare la spesa, guadagnare uno stipendio.
“Forse sono anche l'unico che sa cosa voglia dire pagare le tasse (ride, ndr). Io sono stato campione a 25 anni, quindi abbastanza tardi”.
Aleix Espargarò, che ha un anno in più di te, a confronto sembra un ventenne.
“Lui è stato forse più intelligente di me e oggi si può permettere un tenore di vita migliore del mio. Poi è un uomo perché ha dei bimbi e tanto altro, ma penso che il mio percorso sia stato un po’ strano rispetto a quello degli altri piloti in questa MotoGP, anche se in fondo sono contento di come sia andata”.
Altra cosa che ti rende un po’ diverso dagli altri è che tu in moto ci vai davvero, e pure spesso. Ci racconti un po’ dei tuoi viaggi? Una volta sei partito da Bologna per arrivare ad un GP…
“Ad Aragon, nel 2021. Ho fatto novecento chilometri con una vecchia Ducati, ma poi è stata la peggior gara della mia vita in MotoGP. Vado in moto perché è comodo, non perdo tempo. In macchina invece c’è traffico dappertutto. Non ho l’aereo privato e per la città per me sono meglio le due ruote, anche se non vado a fare trecento chilometri solo per piacere… ho altre cose da fare, a casa mi alleno e mi devo anche riposare: una volta che hai fatto questo la giornata è bella e finita”.
Cos’è per te la Ducati Prima Pramac? Tre anni con loro, ma sembra che stiate insieme da molto di più.
“Da tre anni ho avuto quasi sempre gli stessi meccanici, cambiano poco. Ma anche il fatto che possiamo avere la moto ufficiale come quella del team rosso è incredibile. Questo ti permette di avere un obiettivo da raggiungere ogni anno ed è bellissimo, con Jorge siamo sul podio da tre gare di fila”.
Quanto è cambiata la moto da quando la guidavi in Avintia nel 2020?
“Difficile da dire. Su quella moto c’erano tante cose buone, ma erano difficili da mettere insieme. In tre anni si è tutto condensato, tutto è stato concentrato in un mezzo veramente competitivo”
A proposito, parliamo della Yamaha: tu l’hai guidata quando vinceva, cosa sbagliano oggi?
“Boh, non lo so. Ora le aziende europee hanno un vantaggio, possiamo provare più cose e reagire più in fretta rispetto ai giapponesi. Loro se devono fare delle modifiche ci mettono più tempo, hanno dettato il passo a lungo in passato ed ora è il momento delle aziende europee”.
Che pensi della situazione di Fabio Quartararo?
“Ah, non viviamo insieme. Se ci incrociamo parliamo di altro, certo è che non sta vivendo un buon periodo".
E su Marc che idea ti sei fatto? Da fuori la sensazione è che abbia perso un po’ di lucidità in questo periodo. Magari pensava di fare gare diverse al suo ritorno, o che la moto andasse meglio di così.
“Sono d’accordo, sembra che stia perdendo un po’ di sangue freddo. È un peccato, perché soprattutto rischia di farsi male di nuovo. E non è divertente vedere uno che si fa male. Però può essere, perché lui si batterà sempre, se la moto non lo segue però è difficile accettarlo e sembra che lui abbia ancora meno la capacità di accettare la situazione rispetto agli altri piloti. Se dovesse farsi ancora male sarebbe un peccato, perché si è già fatto male più volte”.
I piloti della MotoGP spesso sembrano molto soli. È vero?
“No, non la vedo così. Magari vale per i piloti di Moto3 e Moto2, ma i piloti di MotoGP hanno un assistente per tutto. Hai bisogno di avere assistenza, il problema del pilota della MotoGP è che ha un aiuto anche per le cose normali in pista. Quindi il rischio è di abituarsi troppo e confondere i weekend di gara con la vita privata, chiedendo ai propri assistenti di andare oltre al lavoro”.
È l’ultimo giro, ti stai giocando il mondiale: con chi è che non vorresti mai trovarti in questa situazione?
“Con Marc”.
E con chi invece ti piacerebbe?
“Forse anche questo con Marc. Perché se ti va bene hai battuto il pilota più forte della storia”.
Inviti a cena una ragazza: cosa cucini, cosa le offri da bere e cosa le suoni?
“Allora, già se la invito andiamo al ristorante, perché non cucino. Altrimenti mi organizzato per avere del buon cibo a casa. Da bere invece del vino, quello lo scelgo io. E se suono… una canzone al piano o alla chitarra, una dei Beatles. Oppure Creep dei Radiohead. Questa di solito funziona bene con le ragazze”.
Che vino? Bianco, rosso… rosé?
“Rosso, rosso. Rosé non va bene per una serata, se apri una bottiglia come quella per cena sei un maleducato, o comunque non avrai una ragazza francese”.
Meglio essere campione del mondo della MotoGP o il miglior amante di tutta la Francia?
“Ah, campione del mondo della MotoGP, la seconda forse sarebbe meglio non farla sapere”.
Hai trenta milioni di euro ma non puoi più correre: che ti metti a fare?
“Credo che comincerei ad imparare la musica. Quella è una cosa che mi piacerebbe fare”.
Ci puoi cantare Le Gorille di Georges Brassens?
“La so fare sulla chitarra, ma non la canto. La parte che mi piace di più è l’ultima, puoi scrivere le parole. È una lezione di vita, alla fine il giudice piange, chiama la mamma, ‘criait “mamam” pleurait beaucoup’, come il ragazzo che ha fatto uccidere il giorno prima".
Credi in Dio?
“No”.
Se vincessi ad Assen faresti una festa?
“Ah, di sicuro farei una bella estate a casa”.
E se vinci a Barcellona, o altrove? Te la immagini una festa?
“No, no. Io voglio godermi quel momento e poi andare a dormire con la sensazione di aver fatto un bel lavoro”.