Nel 2024 nessuno aveva ancora parlato del 2015, del presunto calcio di Rossi a Marquez e del presunto biscotto con Jorge Lorenzo? Sì, è vero, l’argomento più dibattuto e divisivo della MotoGP moderna non era ancora stato toccato in questo 2024 iniziato da tre sole settimane. E allora ci ha pensato Jorge Lorenzo. Ospite del podcast spagnolo “tengo un plan”, il cinque volte campione del mondo ha raccontato cosa lo ha portato, ormai tanti anni fa, a lasciare Yamaha per salire sulla Ducati Desmosedici. E, inevitabilmente, il discorso è finito sul 2015.
“Ero un po’ deluso da Yamaha – ha spiegato – perché nel 2015 aveva palesemente spinto di più per Valentino Rossi. La Yamaha non si è comportata molto bene con me nel 2015 e a Valencia si è notato molto. In qualche modo, e lo dico tra virgolette, mi disprezzavano”. Da qui quel senso di malessere che ha fatto sì che le sirene di Ducati diventassero irresistibili, con Jorge Lorenzo che smentisce che quella sua scelta era stata dettata da ragioni economiche. “In verità – ha infatti precisato – in Ducati ho guadagnato solo un 15% in più di quello che guadagnavo in Yamaha. Non è stato quell’ingaggio a cambiarmi la vita”. Il motivo vero, piuttosto, è stato un altro: la stima per Gigi Dall’igna e la consapevolezza che l’ingegnere italiano – che Lorenzo conosceva benissimo e da molti anni – sarebbe riuscito a portare la Desmosedici su un livello impensabile per tutti gli altri. “Mi sentivo come Hamilton quando lasciò la McLaren per la Mercedes – ha raccontato – insomma, Hamilton aveva intuito che la Mercedes sarebbe diventata l’auto imbattibile e io avevo intuito che la Ducati sarebbe diventata la moto imbattibile. In ogni caso in Yamaha non avevo più stimoli. Ho avuto quasi sempre Valentino Rossi come compagno di squadra e ho vinto tre titoli e non avevo più nulla da dimostrare. Dopo tanti anni nella stessa squadra con la stessa moto mi mancavano le motivazioni”.
Vincere è sempre stata l’unica cosa che per Jorge Lorenzo contasse davvero, tanto che tra tutti gli avversari storici di Valentino Rossi è stato quello che ne ha sofferto di meno la pressione psicologica. Probabilmente perché fin da piccolo s’è ritrovato a fare i conti con una educazione rigidissima. E con la missione di diventare campione.
“Ho avuto una educazione pesante: disciplina e perfezionismo – ha raccontato ancora - Mio padre era molto duro in tutto, non solo su ciò che riguardava le moto. Era come il mio nemico. E nell’adolescenza, che è la fase più ribelle, era insostenibile, così ho deciso di diventare indipendente, a 17 anni. Ma lì sono iniziati i problemi: la cosa non è piaciuta a mio padre e ha iniziato a litigare molto con il mio primo manager e ci sono stati degli episodi molto brutti e che hanno coinvolto anche la stampa. Non ho parlato con mio padre per cinque o sei anni. Diceva a tutti che gli avevano rubato il figlio e che si approfittavano di me e poi un giovedì dichiarò una cosa molto brutta: 'Se mio figlio vince domenica è come dare una dose a un drogato'. È arrivata la gara di domenica e ho vinto. Ma da lì ho iniziato a risalire e ho vinto il mio primo Campionato del Mondo”.