Jorge Lorenzo è lontanissimo dal personaggio schivo, diretto e a tratti antipatico che si vedeva nel paddock della MotoGP. Chi segue le corse da tempo lo sa bene: il paddock ti cambia, ma una volta fuori ritrovi te stesso. E il maiorchino (come anche, a modo suo, Casey Stoner) ne è stato un esempio chiarissimo: Jorge è sempre disponibile, scherza, elogia i vecchi rivali. E, dopo aver ricevuto lo status di ‘MotoGP Legend’ da parte della Dorna, è tornato a parlare di questo aspetto: “Penso che tutte le persone a me vicine sarebbero d'accordo sul fatto che sono cambiato molto da quando ho lasciato lo sport. Ora posso essere molto più rilassato, non devo più spingere le persone. Avevo l'abitudine di spingere tutti al massimo. E ora non devo più farlo, la mia vita è molto rilassata, un po' meno quest'anno, ma in fondo è tutto molto più rilassato. Posso alzarmi quando voglio, impostare il mio programma come voglio, senza stress. Prima ero sempre molto concentrato, a volte molto arrabbiato, anche quando le cose andavano bene avevo fame di successo. Ho sempre voluto di più, ho spinto me stesso e le persone intorno a me al limite, è così che facevo. E ha funzionato. Abbiamo fatto molte feste, in realtà abbiamo sempre festeggiato. Un momento che ricorderò per sempre è sicuramente la gara di Sepang nel 2010. Siamo stati in grado di realizzare il nostro sogno di portare la Yamaha al top”.
Quando gli chiedono come vuole essere ricordato dagli appassionati, Jorge ricorda di essere stato (per gli spagnoli) l’uomo ‘burro e martello’, morbido nella guida e metodico nelle traiettorie: “Non è stato certo facile avere a che fare con me - ha spiegato Lorenzo - E vale per i meccanici, gli ingegneri e anche qualche rivale. Sapevo cosa volevo e l'ho sempre detto molto direttamente. La maggior parte sarà d'accordo sul fatto che sono stato molto determinato nella guida, specialmente negli ultimi dieci anni della mia carriera. Ho fatto buone partenze, pochi errori e non sono caduto troppo spesso. La concentrazione era uno dei miei più grandi punti di forza”.
Poi spiega come ha vissuto il ritiro, che specialmente durante il primo anno è stato ampiamente documentato dalla sua vita sui social: “Per quei piloti che non sono riusciti a realizzare i loro sogni, è probabilmente più difficile lasciare questo mondo delle corse. Ma quando hai avuto tanto successo in 18 anni interi quanto me, è molto più facile andartene e goderti tutte le altre gioie che la vita ha da offrire… e ce ne sono molte. Ovviamente ti manca un po’ l’adrenalina, non proverò mai più quelle emozioni, ma la vita è anche un compromesso e correre in moto è uno sport pericoloso. Mi sono anche infortunato molto, soprattutto verso la fine della mia carriera. Sono felice e orgoglioso di ciò che ho raggiunto. Non ho rimpianti”, ha concluso.