Che Jorge Martin non fosse di quei piloti fatti con lo stampino si sapeva da tempo: uno che porta il team a Punta Cana (a sue spese) per festeggiare la stagione, chiedetelo nel paddock, non lo trovi spesso. In una lunga intervista per i ragazzi di Nude Project lo spagnolo ha raccontato tutto se stesso, spiegando tra le risate quanto può essere dura la vita di un pilota in MotoGP. Jorge parla con naturalezza anche quando spiega il lato più amaro delle corse: “Sei solo un numero, se non vinci non vali niente”. E analizza il successo, per lo meno il suo, con grande maturità: “Il problema di questo sport è che non ti godi il momento, vuoi talmente tante cose che a volte perdi la prospettiva dimenticando da dove sei partito”. Ad un certo punto arriva a parlare anche del momento in cui, dopo aver vinto la sua prima gara in MotoGP, è andato a spendere in una sera quello che la madre guadagnava in un mese: “Mi sono detto tìo, ti stai perdendo”. Tra una cosa e l’altra ammette anche di non aver mai incontrato un pilota festaiolo come Valentino Rossi e di non essere un milionario. Che siate suoi tifosi o meno poco importa: questo è come ragiona davvero un pilota della MotoGP.
Jorge comincia dagli inizi, da suo padre appassionato che lo mette su di una moto quando è ancora bambino, come è successo a molti nell’ambiente: “Lui correva da amatore e gli piaceva, così a sei anni mi hanno preso la prima moto. Da piccolo io non volevo leggere i libri, chiedevo riviste di moto. È iniziato tutto per gioco, poi un po’ alla volta è diventato un lavoro. Quando corro i miei non sono spaventati, anche se soffrono moltissimo. Alla fine sei in pista e rischi. L’anno scorso ho fatto il record di velocità di punta in MotoGP: 363,6 Km/h, in gara. Così ti può succedere di tutto e chi mi vuole bene lo sa, quindi un pochino soffre. Mia madre soffre moltissimo”.
Poi gli chiedono se anche la MotoGP, come la Formula 1 raccontata da Lewis Hamilton, è un club per bambini milionari. Jorge, che di soldi per correre non ne ha mai avuti, risponde così: “Da bambino non ti accorgi di niente, gli sforzi dei tuoi genitori non li vedi finché non cresci. Io vengo da una famiglia molto umile e i miei hanno dato sempre tutto. Non ricordo vacanze fuori dalla Spagna, spendevano tutto per me. Una volta stavo per smettere di correre perché entrambi i miei genitori erano senza lavoro, mio padre faceva il broker e con la crisi è stata dura. In quel momento la mia famiglia ci ha aiutato, ma non parlo di chissà quali cifre. Però sono stato fortunato, penso di essere stato il ragazzo giusto al momento giusto. È difficile da spiegare, ma l’80% della gente nel paddock ci arriva pagando un sacco di soldi. Una stagione di Moto3 costa circa 200.000€ all’anno. Io sono stato fortunato, altrimenti non ce l’avrei fatta”.
Cosa che, spiega, più avanti gli ha dato la forza per reggere la tensione spaventosa di un weekend di gara: “Penso di saper gestire molto bene la pressione, perché a volte per me la cosa era semplice, o vinci o vai a casa. Era come una scala, vai avanti solo salendo i gradini. Mi ricordo alla Red Bull Rookies Cup, quando entravano solo 12 ragazzi da tutto il mondo: io ero veloce, ma non era detto bastasse e quando sono stato scelto ho cominciato a piangere. Ci sono stati diversi momenti così, questo però me lo ricordo benissimo”.
A questo punto Jorge parla dei rivali in pista, spiegando - ancora una volta tra le risate - che l’amicizia in MotoGP non esiste: “Amici? No tío, non ci sono amici in MotoGP. Non superi un tuo amico con la stessa facilità di uno con cui non parli. Allo stesso tempo non vuoi comportarti male con gli altri perché ti possono rovinare un mondiale: se un rivale con cui non vai d’accordo ha la giornata giusta e vuole fotterti lo può fare. Io ho un buon rapporto con un paio di piloti, ma il resto… spero di battere tutti. Se ho avuto rivalità violente? Beh, è un terreno scivoloso… Diciamo che capita di litigare e magari per passare un altro pilota finisci per toccarlo. C’era questo pilota italiano con cui mi giocavo il mondiale quando ero più giovane e in un paio di occasioni abbiamo rischiato di fare a botte, ma ora in MotoGP è tutto più tranquillo. Il problema di questo sport, ad ogni modo, è che non ti godi i bei momenti: vuoi sempre di più e va tutto troppo veloce, vuoi talmente tante cose che a volte perdi la giusta prospettiva e ti dimentichi da dove sei partito”.
Altro spunto interessante di Jorge è quello sulla preparazione dei piloti, o meglio sull’ossessione che li accompagna dal momento in cui firmano un contratto: “Studio parecchio a casa, mi preparo molto per le gare guardando le linee, i sorpassi… faccio di tutto per andare più forte. Prendo l’iPad, guardo video e analizzo le corse cercando di capire come mai altri piloti sono andati più forte. Se c’è qualcuno che mi aiuta a farlo? No tìo, figurati! Questo non è come il calcio. Lì hai l’allenatore, il fisioterapista… Qui firmi un contratto, prendi i soldi e corri. Per il resto ti devi arrangiare, che tu voglia allenarti o meno dipende da te. È chiaro che se stessi a casa a non fare niente arriverei ultimo, durerei un anno. Se vuoi arrivare davanti devi investire molto in te stesso e nella tua preparazione”.
Così si arriva alla vittoria, nello specifico la prima in MotoGP per il GP di Styria, in Austria, poco dopo l’infortunio di Portimaõ in cui ha sbattuto a terra con una forza di 25G: “Quando ho vinto la mia prima gara in MotoGP è stato epico. Ed è stato il mio anno migliore ma anche il peggiore, emozioni incredibili. Prima mi ero fatto male e pensavo di smettere. Poi sono tornato e ho vinto: una follia, festeggiavo senza sapere nemmeno dove mi trovassi. È stato incredibile. Però c’è stato un momento in cui mi sono detto ‘Tìo, ti stai perdendo’. Vincevo, cominciavo a fare bene, a fare festa più spesso… E in un locale mi sono trovato a pagare un conto spaventoso. Lì mi sono detto che era una cazzata, che doveva finire e che avevo bisogno di tornare a concentrarmi. Ho pensato che quei soldi per mia madre sarebbero stati lo stipendio di un mese. Chiaramente io aiuto molto i miei genitori economicamente, però in quel momento a pagare mi sono veramente sentito un coglione. Cosa stavo pagando? Meglio non dirlo, ma non era certo una cena. Eravamo a Barcellona e grazie a quella serata adesso non mi perdo più. Però certo, siamo umani e giovani, è giusto uscire e divertirsi… ma con una prospettiva più realistica e sapendo quando, come e con chi”.
Jorge Lorenzo, intervistando Jorge Martín per il suo canale, ha parlato del paddock della MotoGP paragonandolo ad una mafia. Quando i ragazzi di Nude Project gli chiedono cosa ne pensa, lui risponde così: “È vero che attorno girano tanti interessi. E noi piloti siamo come dei numeri, le persone non hanno valore e lo sforzo non viene apprezzato. Non conta quanto tu possa avere un buon rapporto con la gente del tuo team, se non vinci non sei niente. E la stessa cosa è la stampa: i giornalisti sono iene, a loro non importa se stai soffrendo. Vanno a cercare il titolo e devi imparare a rimanere in disparte, a rimanere nel tuo. Perché quando vinci ci sono tutti, ma quando perdi sei da solo”.
Per chiudere, cinque domande a fuoco. La prima: Hai più di un milione di euro in banca? “No”. Hai mai mandato foto tue nudo? “Si”. E l’ultima, in chiusura: Valentino Rossi è spesso a Ibiza a divertirsi. Chi è il pilota più festaiolo? “Valentino Rossi”. Risate.