Pecco Bagnaia ce lo aveva detto a luglio, in un’intervista realizzata ben lontano dal titolo mondiale vinto a Valencia: a Jorge Martin invidio l’angolo di piega. Non soltanto per quanto piega lui però, proprio per l’angolo che riesce a dare alla moto. Più pieghi e più giri stretto, riesci a fare meno strada e ad andare più forte. Il che spiegherebbe anche il grandissimo talento di Jorge per il giro secco, quando la spalla della gomma non va preservata e ci si gioca tutto sui millesimi. Lui, Jorge Martín, non perde occasione per dimostrare a fotografi e ingegneri di pista questo suo talento, specialmente in circuiti come Barcellona in cui l’inclinazione laterale del tracciato (banking) e la configurazione della curva 5 aiutano i piloti a sdraiare la moto. A Valencia però, le cose stanno diversamente: quelle condizioni non ci sono, eppure lo spagnolo ci riesce lo stesso: moto piegatissima, lui letteralmente appeso al serbatoio, braccio interno a grattare l’asfalto. Le gomme aiutano, la rigidità della MotoGP anche, ma al momento Jorge è l’unico in grado di guidare in questo modo.
In un vecchio video prodotto dalla Dorna veniva analizzato l’angolo di piega dei diversi mezzi a due ruote: lo scooter arriva a 40° di inclinazione, una supersportiva a 55°, la Superbike a 61°. Ecco, la MotoGP raggiungeva i 64° di angolo, ma era il 2013. In un decennio di affinamenti, ricerca tecnologia e nuovi pneumatici sviluppati per massimizzare la velocità di percorrenza, le cose sono cambiate ancora. Jorge Martín ne è la prova vivente.