Che Jorge Martin fosse uno di quei talenti destinati ad arrivare al top lo sapevamo, sul suo manico nessuno ha mai avuto dubbi: il suo carattere, l’attitudine, la sua forza morale sono noti. Il GP di Doha ne è stata la conferma: sabato la pole position e domenica il podio dopo aver condotto in testa la gara per 18 giri. Jorge Martin sembra tutt’altro che un debuttante.
La sua è una bella storia. Non provenendo da una famiglia particolarmente ricca, all’inizio del suo cammino, le difficoltà economiche si sono presentate diverse volte, perché è così: ai giorni d’oggi se non hai i soldi per correre difficilmente riesci a sfondare. Due cose servono ormai: il talento e un buon conto in banca, e lo spagnolo di talento ne aveva da vendere.
Un esempio? Nel 2014 la carriera di Jorge Martin stava già per terminare per il semplice motivo che non aveva soldi per approdare in Moto3, l’unico modo per arrivarci sarebbe stato quello di vincere la RedBull Rookies Cup, un campionato che – ancora oggi - permette al vincitore dei sussidi economici per correre l’anno successivo nel motomondiale. Quel campionato Martin lo vinse abbastanza facilmente, tra tutti quei ragazzini era il numero uno, c’era poco da fare.
L’esordio nel motomondiale con Mahindra in Moto3 nel 2015 fu però molto difficile: la moto aveva i suoi limiti e Jorge spesso non riusciva mai a dimostrare il suo vero potenziale, così come il suo compagno di squadra Pecco Bagnaia. Se c’è qualcuno che fin da subito ha creduto in lui, già dagli albori della sua carriera, è Aleix Espargaro.
Lui e Maverick Vinales hanno aiutato molto Martin nella sua crescita, tant’è che dopo la pole position di questo sabato, in conferenza, il poleman ha esordito: “Da piccolo ho avuto molto aiuto da Aleix e da Maverick. Siamo vicini e mi venivano a prendere a casa per allenarmi con le loro moto, perché io non avevo i soldi per comprarne di mie.” - continua Martin - Lavorare con piloti di MotoGP quando ancora ero in Moto3 mi ha aiutato molto. Sarò sempre grato a loro”.
La vera svolta della sua carriera arriva però nel 2017 quando fu contattato da Fausto Gresini. Per lui è stato come un padre. Lo ha adottato, ha saputo trasmettergli tanti insegnamenti trasformandolo in un pilota maturo. Il primo anno con Gresini fu buono: Martin fece dei podi già dalle prime gare. Quell’anno arrivò anche il suo primo successo in Moto3, nella gara di casa, l’ultima del calendario a Valencia. Concluse la stagione in quarta posizione in campionato, piazzamento ottimo che l’ha portato a candidarsi come uno dei favoriti per la stagione successiva.
Infatti il 2018 fu il suo anno. Vinse il mondiale Moto3, un’annata spettacolare, piena di colpi di scena. Lui e Marco Bezzecchi, il suo diretto avversario, ci hanno regalato un campionato bellissimo, tenuto aperto fino al penultimo round in Malesia. Quell’anno Martin fu imbattibile, soprattutto in qualifica: undici Pole Position su diciannove gare, un mastino sul giro secco.
La cosa più impressionante è che quel mondiale Martin lo vinse con un polso messo male. Da lì il termine “Martinator” perché neanche l'infortunio riuscì a fermarlo. Si fratturò il polso durante le prove libere del GP di Brno, fu costretto a saltare quella gara, ma fece terzo il weekend successivo in Austria. Fenomenale.
Nel 2019 lasciò Fausto Gresini per passare in Moto2 con KTM, un’annata poco significativa con due podi arrivati nella parte finale del mondiale, ma ci sta: il primo anno in Moto2 è sempre quello di adattamento alla categoria.
Lo scorso anno, il 2020, Martinator è partito bene con la vittoria in Austria, fino a quando è stato costretto a saltare due gare causa Coronavirus e dovendo dire addio alla possibilità di vincere il campionato, nonostante un’ottima ultima parte di campionato.
Questa stagione è iniziata alla grande: sabato pole position e domenica podio alla sua seconda gara di sempre in MotoGP con quella dedica che è andata a chi lo ha cresciuto professionalmente: Fausto Gresini.