Corre l'anno 1997. Fine settembre. L'assassinio di Gianni Versace aveva appena sconvolto il mondo mentre quello di Lady Diana, a poco più di un mese di distanza, ancora faceva parlare i giornali. In Formula 1 il già due volte campione del mondo Michael Schumacher stava tentando di conquistare il suo primo titolo con Ferrari, sfidando il figlio d'arte Jacques Villeneuve in una sfida che si concluderà, a Jerez, con la vittoria del canadese.
Indietro, lontano da quella lotta che resterà nella storia dello sport, un ben più anonimo pilota olandese corre con la Tyrrell, sperando di essere notato, valorizzato, favorito. La sua carriera non prenderà mai il volo ma in quel 1997 un'altra gioia, non sportiva, cambia la sua vita: il 30 settembre nasce il suo primogenito, un maschio, che lui e la moglie Sophie decidono di chiamare Max Emilian Verstappen.
Poche righe ne annunciano la nascita sul sito internet di Jos, concluse con una frase che, oggi che Max è riuscito ad ottenere il suo primo titolo iridato in Formula 1 a soli 24 anni, fanno uno strano effetto: "Se Max ha ereditato il talento alla guida da entrambi i suoi genitori un nuovo pilota di Formula 1 dell'anno 2020 è nato oggi".
Le tempistiche sono leggermente sbagliate, considerando le tappe bruciate dal precocissimo Max, arrivato in Formula 1 a soli 17 anni, ma la premonizione non poteva essere più vera di così: non solo "un nuovo pilota" ha varcato le soglie della Formula 1, ma un nuovo campione del mondo l'ha conquistata.
E c'è molto, in quelle poche righe, sull'infanzia di Verstappen, sul suo desiderio di arrivare, la sua fame, e su quella del padre Jos, che ha riversato sul figlio le speranze di una carriera mai concretizzata, crescendo una macchina in grado di guidare un'altra macchina, oggi in grado di sopportare il peso di questo mondiale infinito e durissimo.