Certe cose mi fanno paura. Arriva qualcuno e ti dice come comportarti, ciò che devi fare per entrare nel novero dei giusti e se obietti, non ti adatti, protesti, vieni additato come un paria. Le masse ci credono, amplificano il messaggio e quatto quatto arriva il regime. Non importa che alcune battaglie siano giuste, soprattutto se riguardano la parità di genere e di razza sulle quali è impossibile non essere d’accordo. La questione è meramente linguistica: loro scelgono le forme, una via di mezzo tra lo spot pubblicitario e la parata militare. Quelle sono, non altre e guai a reclamare il tuo elementare diritto, quello del libero pensiero e del dissenso che sta alla base della democrazia, mentre l’obbligo di marciare, di indossare determinati colori, di sventolare bandierine confina piuttosto con la dittatura.
Noioso e inutile ritornare su ciò che ci è capitato di recente. La pandemia ha riscoperto intere fasce di popolazioni delatrici nei confronti di chi non era troppo convinto che l’obbligo a stare in casa e non vedere i propri cari somigliasse a una strisciante forma di totalitarismo. All’inizio avevamo un premier che applicava la logica dello stato paternalista. Poi, fortunatamente, è giunta a noi una persona autorevole e competente e la musica è cambiata, riportandoci verso un’auspicata normalità. Aspettando la fine dell’emergenza, ci hanno detto che bisognava inginocchiarsi per dimostrare apertamente di non essere razzisti e che avremmo dovuto esporre e portare in giro la bandiera arcobaleno contro ogni forma di discriminazione sessuale. Lo avrei anche fatto se non lo avesse detto Enrico Letta, politico semidimenticato e ripescato da Parigi senza essersi portato in dote una sola idea originale. Ci avrei potuto pensare se non mi fossi trovato davanti l’orda di leonesse e leoni da tastiera, i loro inverecondi tweet e post sui social, gente che detesta il vicino di casa perché ha il cane che abbaia ma tra migranti, gay e lesbiche si è costruita una nuova verginità.
Non bastava il mondo della cultura e dello spettacolo a veicolare questa idea di finta democrazia dove comunque non sei mai tu a scegliere. Lo sport, soprattutto il calcio, garantisce ben altra popolarità, quale migliore occasione dunque che cavalcare il campionato europeo dell’auspicata ripartenza per costringerci a pensarla come loro, sennò sei fuori, sei un nemico, sei un razzista e un omofobo. Volevano illuminare con i colori dell’arcobaleno lo stadio di Monaco e la UEFA ha detto no. Per un semplice fatto: è stata fissata un’immagine coordinata per la manifestazione e ci si deve attenere, non è che uno può fare come vuole perché sarà anche una festa ma non è carnevale. Quella UEFA, cui quasi tutti hanno dato ragione sulla questione Superlega in difesa di un calcio più umano e non solo regolato dal denaro, è diventata ora il nemico numero uno, attaccata violentemente da giornalisti e opinionisti tedeschi che hanno trasformato in eroe il portiere Neuer perché indossa la fascia arcobaleno da capitano. È nel suo pieno diritto, anche Roberto Baggio l’aveva personalizzata in chiave buddista, una scelta personale rispettabile, mentre nello stadio seppur a scartamento ridotto ci sono migliaia di individui e non è giusto imporre agli altri l’ennesima prova di forza del pensiero unico.
Chi mi conosce ha prova provata della mia juventinità granitica. Tranne che nel caso Calciopoli quando la proprietà non tentò neppure di difendersi, per me la società ha sempre ragione, anche se sbaglia gli acquisti e spreca soldi con gli allenatori. Persino sulla questione Superlega sono stato dalla sua parte, ma cambiare il colore del logo da nero ad arcobaleno, stessa scelta del Barcellona anche lei coinvolta nella querelle che ha tolto il sonno a Ceferin, è stato assolutamente sbagliato. Primo perché suona da inautentico, un altro dispetto all’organo europeo federale, ma soprattutto perché quello stemma è nostro, di tutti i tifosi, rappresenta anche quelli che non la pensano così e che comunque non amano che una società di calcio si presti a far da cassa di risonanza alla politica e all’ennesimo tackle arrogante o invasione di campo. Stavolta alla Continassa non mi sono piaciuti. Per niente. Si concentrino piuttosto sulla campagna acquisti, comprino Locatelli e una punta che ci servono eccome invece di pasticciare la grafica e manipolare i simboli.
Vi lascio immaginare ieri gli sfottò dei miei amici interisti, milanisti, granata, viola e napoletani. Il tema e il frasario ve lo risparmio, tanto avete già capito. Questa volta mi consolo con la Santa Sede e i suoi distinguo. Certo, Francesco da progressista convinto è tornato a fare quello per cui lo pagano, il Papa. Meno male che certi principi etici sono più forti della mutevolezza degli uomini.