Stefano Romeo è una delle persone con cui abbiamo parlato durante una lunga giornata al Reparto Corse Aprilia. Stefano, preparatissimo, ha un passato da ingegnere nell’automobilismo, più precisamente in Ferrari. Esattamente come Marco De Luca (Responsabile del Veicolo) non si capacita di come il ‘feeling’, per un pilota moto, faccia tutta la differenza tra una vittoria e il nulla. Roba difficile da comprendere, specialmente per un ingegnere abituato a trovare risposte nei numeri come fosse un codice Matrix. Romeo è rilassato, parla con calma. Ci mostra il dashboard della RS-GP 2024 ed è come se ci stesse facendo fare un giro di casa sua, quella appena ristrutturata, mentre noi ci spostiamo tra le stanze con una bottiglia di vino in mano e la meraviglia negli occhi.
Cominciamo a registrare. “Tutto parte con l’iniezione, i primi controlli, il ride by wire. In generale l’elettronica è fondamentale per queste moto che hanno circa trecento cavalli”, comincia a spigare. “Nella Moto3, per dirne una, è tutto diverso: c’è questo onboard di un pilota a Portimão in cui il tempo di chiusura del gas durante il giro è sostanzialmente nullo. È chiaro che con la MotoGP non puoi farlo, tutti questi cavalli devono essere tenuti sotto controllo. Il paradosso è che le gomme sono arrivate a un livello così elevato che vanno trattate con i guanti e il pilota non è sempre in grado di fare tutto per conto suo. Da questo punto di vista l’elettronica dà un’enorme mano al pilota, non solo a gestire la potenza ma anche la durata della gomma”.
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L’uomo del bar dice che con tutta questa elettronica la MotoGP può guidarla anche lui, che il pilota non conta più niente. Invece è vero che un pilota deve essere bravo anche a sfruttarla, l’elettronica?
“Certo. Non faccio nomi, ma anche tra i nostri quattro piloti vediamo in modo piuttosto chiaro come ci sia una difficoltà, per alcuni, ad adattarsi a tarature elettroniche che sono più convenienti da fare nell’arco della gara. Qualcuno è più propenso a giocare con le regolazioni, altri meno ne fanno e meglio è. Poi in gara cambia tutto in continuazione, dal peso della moto all’usura delle gomme. Il pilota deve essere bravo anche ad adattarsi. Anche la scia… ormai per i piloti è un incubo, pensano alle gomme che si scaldano, all’usura…”.
Un buon pilota quante regolazioni dovrebbe fare durante una gara?
“Nel briefing pre gara i piloti vengono sempre istruiti sul fatto che prima o poi dovranno cambiare alcune configurazioni della moto, quindi si aspettano determinate sensazioni. Noi possiamo dare delle segnalazioni sul dashboard, poi chiaramente sta a loro scegliere. Ci sono piste in cui il degrado della gomma è estremo e queste variazioni vengono fatte quasi subito, in altri casi - pochi - riesci a fare ottimi tempi anche a fine gara. E per quanta preparazione tu possa fare, alla fine è tutto nel feeling del pilota”.
Hai lavorato a lungo nell’automobilismo. In cosa è più diversa la MotoGP?
“Io vengo da un ambiente in cui il feeling conta fino a un certo punto. Alla fine non la racconti tanto, ecco. Quando sono arrivato qui non si parlava di altro che di feeling, non riuscivo a capacitarmi di come i dati contassero pochissimo rispetto a questa cosa. E invece la verità è che è così, forse i piloti di auto sono molto più fermi, convenzionali nel modo di fare le cose. Questi invece si sporgono tantissimo, usano il corpo molto di più, qualcuno è alto un metro e ottanta e qualcun altro non arriva al metro e sessanta. E va a finire che il feeling conta davvero, perché la moto ce l’hanno nelle mani, nelle braccia. A volte non è così chiaro, ma c’è la necessità assoluta di andare contro la scienza per cercare il feeling”.
E tu come traduci questo ‘feeling’?
“È il fatto che la moto deve fare quello che si aspettano loro. Dal punto di vista fisico e psichico è l’attendersi alcune cose. È una cosa di cui Maverick per esempio parla spesso: ‘Io voglio fare questo’, ti dice. E dai numeri non lo vedi, o almeno non sempre”.
Poi Stefano indica i blocchetti della MotoGP, spiegando un po’ alla volta tutti i pulsanti del caso e le diverse leve, tra cui la folle e l’abbassatore.
Come vengono gestiti i comandi sui blocchetti?
“Cerchiamo di tenere una configurazione il più possibile semplice per il pilota. Alcuni colori sono tipici di Aprilia, anche se in realtà è il pilota a scegliere per l’ennesima questione di feeling (ride). Poi in realtà il colore del pulsante è uguale al colore che si vede sul dashboard, c’è un buon grado di configurabilità”
E il dashboard? Ogni costruttore ha fatto una scelta diversa.
“I giapponesi hanno un dashboard piccolino, noi stiamo pensando a una strada diversa perché già ora i piloti fanno fatica a osservare le informazioni e anche se non è ancora deciso potrebbe valerne la pena. Credo che i giapponesi ne usino uno più piccolo e forse meno complesso un po’ perché è la loro natura e un po’ perché in caso di caduta c’è meno rischio che si rompa qualcosa, mentre un dashboard digitale devi buttarlo via alla prima scivolata”.
In sintesi: l’elettronica in MotoGP potrebbe essere sviluppata senza sosta, l’unico limite è il regolamento. Saperla sfruttare, esattamente come tutto il resto, è un’abilità che alcuni piloti padroneggiano più di altri, perché ci vuole un’enorme sensibilità. Per chi progetta invece, la sfida è un’altra: “Una delle più grandi difficoltà è trovare lo spazio per far stare tutto - dice ridendo Stefano - Abituato alle macchine pensavo che fossimo già tirati, invece qui è peggio”.