C’è stato un tempo in cui la MotoGP si correva con motori da 800 centimetri cubici. E quel tempo è stato anche quello che Valentino Rossi in persona, nel 2009, aveva definito come “il peggiore”. Perché lo spettacolo non era più quello di quando c’erano le vecchie due tempi e perché le moto chiedevano uno stile di guida che non favoriva la bagarre e i corpo a corpo. E oggi che si torna a parlare di riduzione della cilindrata, quella “bollatura” di Valentino Rossi è tornata attuale. A provare a spiegare che le cose ora sono totalmente diverse, però, è stato proprio chi in quegli anni era dalla parte di chi corre: Corrado Cecchinelli. L’ex manager della Ducati, infatti, ricorda bene quegli anni e adesso che è direttore tecnico della MotoGP ci tiene a spiegare che lo scenario è totalmente diverso.
“Con la riduzione da 1000 a 850cc – ha affermato in una intervista a crash.net – non si perderà lo spettacolo e le moto resteranno ugualmente semplici da guidare. Ridurre la cilindrata, infatti, non sarà l’unica mossa, visto che si stanno valutando anche altri accorgimenti che permetteranno lo stesso spettacolo, aumentando, però, la sicurezza per tutti”. In estrema sintesi, sarà ridotto anche l’alesaggio, per evitare che si riescano a esprimere le stesse cavallerie aumentando semplicemente il numero di giri. Le questioni sul tavolo, però, sono molte e Cecchinelli ammette che in vista del 2027 c’è solo qualche idea e non c’è, di fatto, un accordo trovato tra le varie parti coinvolte. Quello che è sicuro, comunque, è che le velocità di punta saranno inferiori, anche per non correre il rischio che molti circuiti del motomondiale possano risultare non più idonei.
“Non vogliamo –ha aggiunto - solo una riduzione di potenza, vogliamo almeno la stessa affidabilità e guidabilità; inoltre stiamo cercando motori più efficienti anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale. L’obiettivo principale di tutto è la sicurezza. E gli effetti secondari sono la riduzione dei costi e la rilevanza dello spettacolo. Però non possiamo non tenere conto che la sicurezza si persegue riducendo le prestazioni”.
Prestazioni che, però, devono essere ridotte anche toccando altri aspetti rispetto al passato e non limitandosi solo ai motori. La maggior parte delle cadute, infatti, avviene in curva e con motori più piccoli, e quindi meno pesanti, c’è il rischio che le velocità in curva non solo non si abbassino, ma addirittura aumentino. Ecco perché l’attenzione è concentrata anche sull’aerodinamica. “Siamo più lontani da un accordo sull'aerodinamica che sui motori, quindi è difficile prevedere cosa si deciderà – ha spiegato ancora – Non si può dire no all’aerodinamica a prescindere, è una sciocchezza. In passato abbiamo provato a vietare l'aerodinamica, senza riuscirci. Ora ci rendiamo conto che è una battaglia inutile. Si tratta piuttosto di ridurne l'effetto. Sviluppare troppo l’aerodinamica comporta anche una serie di effetti collaterali pericolosi, come rendere la moto difficile da governare quando sei in scia o sottoporre la gomma anteriore a un carico eccessivo. Quindi è necessario un compromesso, ma non siamo a favore del divieto assoluto. Siamo per limiti calibrati in termini di prestazioni e costo dell’evoluzione”.