Pedro Acosta partiva davanti a tutti in Giappone, cosa che l’ha reso il terzo pilota più precoce della storia a partire dalla pole position in MotoGP. Succede però che sia nella Sprint del sabato che durante il GP della domenica perde l’anteriore e scivola, lanciando nella ghiaia una reale possibilità di salire sul podio. Viene da dire che uno così, destinato a prendersi tutto, davanti a un momento simile ci doveva passare per forza perché è successo a tutti e in qualche modo fa parte del percorso. Cosa che probabilmente ha ben chiara in testa anche lui, che però si presenta al backdrop per le dichiarazioni del dopo gara producendo il record di intervista più corta della storia: “Oggi ho fatto una cazzata, ho provato a preparare un po’ più l’uscita per il rettilineo ma non ho fatto niente di diverso rispetto al giro prima”, dice subito. E poi: “Difficile dire se avrei potuto vincere, come minimo però avevamo il potenziale per il podio. Vediamo come andrà in Australia e in Tailandia, dove l’anno scorso Binder aveva fatto una bella gara. È vero che qui tutte le KTM hanno fatto una bella gara, proviamo a farne un’altra bella in Australia”.
Finisce, si leva la cuffia e se ne va, domande durano più delle risposte, il tutto si conclude in un minuto e ventuno e la cosa ci riporta a tre anni fa, quando Pedro era ancora il Rookie Maravilla e Fabio Quartararo stava per vincere il suo primo (e per ora unico) titolo in MotoGP. La gara della Moto3 infatti viene vinta da Dennis Foggia davanti a Jaume Masia e, appunto, Pedro Acosta, che però sale sul podio imbronciato, attirandosi un gran numero di critiche: ma come - scrive più di qualcuno - sei sul podio al tuo anno d’esordio, guidi il mondiale e non sei contento? Pedro, qualche giorno più tardi, rispose con una freddezza disarmante: qui è contento solo quello che vince.
Brutale da dire per un diciassettenne in odore di storia. Eppure era sincero all’epoca ed è stato sincero anche oggi, quando avrebbe potuto essere contento per aver fatto un passo in avanti rispetto al passato e invece vuoi solo andartene. Noi, in Italia, così abbiamo Marco Bezzecchi: diretto nelle risposte, unico ad usare un vocabolario spinto, felice quando le cose vanno bene e taciturno se i tempi non escono. In una parola, spontaneo. Ed è anche di questi piccoli capolavori di comunicazione che ha bisogno la MotoGP. Attenzione però, perché a noi non servono 22 piloti come Acosta e Bezzecchi, piuttosto serve imparare a raccontare meglio tutti, con le sfumature di ognuno a rendere più significativi i risultati in pista.