Pecco Bagnaia è salito per l’ottava volta sul gradino più alto del podio in una stagione di MotoGP e è qualcosa che nel recente passato era successa solo a Valentino Rossi, Marc Marquez, Casey Stoner e Jorge Lorenzo. Una notizia che basterebbe da sola a tenere un titolone e fiumi di parole. Invece no: è diventata quasi una comunicazione di servizio dentro un finale di stagione che sta spiegando ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, che quelli che stanno sempre a ripetere quanto fosse meglio prima abbiano due fette di prosciutto (avariato) negli occhi. Perché questa MotoGP, appunto, è così densa, che pure la notizia di un record della Ma*onna si perde in mezzo alla cronaca di scenari che cambiano in continuazione, emozioni sempre nuove e personaggi che ok non si prendono a cazzotti e parolacce, ma sono belli davvero.
Tanto che lo spunto del racconto del record raggiunto da Pecco è servito, in telecronaca su Sky, a Mauro Sanchini per buttare là un paragone: “Jorge Martin e Pecco Bagnaia mi fanno pensare a Jorge Lorenzo e Valentino Rossi”. Perché sono rivali, perché se le danno di brutto, ma pure perché sono, da sempre, l’uno il migliore stimolo dell’altro. Arrivando a alzare il livello in una maniera che sembra normale e allo stesso tempo disarmante: basta pensare che i primi due della classifica generale hanno ampiamento doppiato in termini di punti il quinto. Su di loro, già in tempi non sospetti, avevano scommesso gli spagnoli di Aspar (otto anni fa il primo incontro), mettendoli sopra due Mahindra che con loro in sella sembravano quasi avere lo stesso potenziale delle altre Moto3 che invece andavano nettamente più forte. Sono stati “compagni di casa”, “quasi amici”, avversari e contestualmente pure complici di qualche cazzata che si fa in gioventù (qui Pecco ha spifferato lo spifferabile).
Poi, vincendo un mondiale a testa anche se in categorie diverse, si sono ritrovati lanciati da Ducati in MotoGP. E adesso guidano la stessa moto, seppur con livree differenti. Provando a battersi, senza risparmiarsi colpi di sorta sia da sopra le moto che nelle dichiarazioni, ma dando pure l’impressione d’essere consapevoli di quanto l’uno sia “dipendente” dall’altro. Come se Pecco fosse per Martin il presupposto della crescita e viceversa. E’ in questa chiave che Mauro Sanchini ha pienamente ragione, scomodando il paragone pesante. E è in questa chiave che s’è voluto mettere in luce l’enorme rispetto che c’è tra i due, così come c’è sempre stato tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. Solo che tra Pecco e Martin non c’è mai stato un muro in mezzo e probabilmente anche grazie proprio a Rossi e Lorenzo che hanno dimostrato quanto i muri servano a meno di niente se non a rovinarsi il fegato.
Il paragone, quindi, ci sta e è calzante di brutto. Ma viene quasi da dire che Jorge Martin e Pecco Bagnaia sono migliori di Jorge Lorenzo e Valentino Rossi. Perché hanno fatto uno step in più: capirsi. E in qualche modo aiutarsi pur nel paradosso di due che giocano a annientarsi e che, contrariamente a quanto accaduto in passato tra il 46 e il 99, sono anche cresciuti insieme. Ferirsi e curarsi. Competere e creare il vuoto dietro. Come l’hanno creato quasi ogni week end da due anni a questa parte e come l’hanno creato in classifica generale, lasciandosi a distanza siderale due che rispondono ai nomi di Marc Marquez e Enea Bastianini. Non due brocchi, insomma.
A proposito di Marc Marquez e a conferma di tutto c’è anche il siparietto del retropodio di Motegi (qui il video), con l’otto volte campione del mondo che ha buttato là la domanda provocatoria: “a quanti punti siete adesso?” Dieci, è stata la risposta di Pecco Bagnaia, che poi ha aggiunto: “ci vorrebbe che ora Jorge mi facesse arrivare a Valencia a pari punti e ce la giochiamo lì”. Quasi a sottolineare che già arrivare appaiati all’ultima sarebbe un onore. Non è una affermazione da poco, soprattutto se esce dalla bocca di uno che comunque ha vinto gli ultimi due titoli. Ma ancora più bella è stata la risposta di Jorge Martin: “Io ci metterei la firma per arrivare a Valencia a pari punti”. Da un lato ribadendo che sarebbe un onore e dall’altro lasciando intendere, in maniera scherzosa, che sente di essere più forte dell’italiano sul circuito spagnolo che di solito è teatro del gran finale. In estrema sintesi? Il paragone ci sta tutto, ma, abbandonando passatismi che ormai non hanno più neanche senso di essere, forse è il caso di rendersi conto, una volta per tutte, che due che si “ammirano” saranno sempre meglio di due che si “murano”. E che questa MotoGP non è ciò che resta di un glorioso passato, ma evoluzione perfetta.