La notizia che Suzuki avrebbe lasciato la MotoGP a fine 2022 è piombata sul paddock del motomondiale prendendo tutti di sorpresa. I piloti, il team, la Dorna. E se ancora non esiste un comunicato ufficiale da parte dei giapponesi, Carmelo Ezpeleta si è già mosso per ricordare l’esistenza di pesanti penali in caso di violazione contrattuale. Perché Suzuki, così come altri costruttori, solo poco tempo fa aveva siglato un accordo di 5 anni con l’organizzatore per prendere parte alla MotoGP. La notizia, una volta rovesciata sul paddock, ha sconvolto il mercato piloti - che viaggia clamorosamente al ribasso - e messo davanti ad un bivio i componenti del Team Eicstar Suzuki, attualmente a piedi e in cerca di una sistemazione. Nonostante il fatto che il presidente della Suzuki Motor Corporation Hiroshi Tsuda sarebbe stato fermamente contrario a rinunciare alla MotoGP, dal consiglio di amministrazione non gli avrebbero lasciato altra scelta.
Le motivazioni, ovviamente, sono di ordine economico. Una squadra di MotoGP come Suzuki - di certo non la più sfarzosa del paddock - deve sostenere un costo di circa trenta milioni di euro a stagione, cifra giudicata evidentemente troppo elevata per continuare. Aziende così importanti però non si muovono con piani d’investimento trimestrali e rinunciare alle corse senza un minimo di pianificazione è quantomeno bizzarro, soprattutto se consideriamo l’ingaggio di Livio Suppo come nuovo Team Manager a inizio anno. È vero che la pandemia continua a causare gravi instabilità economiche, ma quando Suzuki ha firmato con Dorna per proseguire fino al 2026 era aprile 2021, ad un anno abbondante dall’inizio dell’emergenza.
In queste ore si sta facendo strada sempre più insistente l’idea che, dietro questa manovra maldestra, ci sia un vero e proprio scandalo pronto ad investire il costruttore giapponese. Pare, infatti, che in Europa - Germania, Ungheria e Italia - siano in atto controlli e perquisizioni da parte delle autorità competenti in seguito all’eventualità che Suzuki abbia immesso sul mercato 22.000 veicoli Diesel con sistemi di contraffazione delle emissioni. Nello specifico, secondo quanto riportato da Speedweek le auto coinvolte dovrebbero essere Suzuki S Cross, Swift e Vitara. Si torna a parlare di dieselgate quindi, a sette anni da quel 2015 che ha cambiato per sempre l’industria automobilistica spingendola forte verso l’elettrificazione. Per i più distratti, diversi costruttori (a partire dal Gruppo Volkswagen, continuando con FCA e altri) hanno impiegato un software per ingannare i controlli di omologazione sulle emissioni per motori Euro5, una centralina aggiuntiva in grado di restituire valori diversi rispetto a quelli reali. Cosa che, naturalmente, ha innescato una lunga serie di sanzioni alle case automobilistiche da parte di governi ed enti a tutela dei consumatori. Resta da capire come mai i provvedimenti nei confronti della Casa di Hamamatsu siano stati presi soltanto adesso e se ci sono altri costruttori coinvolti nell'indagine. Se Suzuki verrà multata (e quanto) è presto per dirlo e, probabilmente, non sapremo mai davvero se a convincere i dirigenti del marchio giapponese a lasciare la MotoGP sia stato il timore di grosse ripercussioni economiche causate da questa storia o se, semplicemente, gli investitori abbiano deciso di cambiare rotta basandosi sui dati di bilancio.