Una mano spaccata rimessa insieme con altre viti e l’anima divisa tra il Danilo Petrucci che non ce la fa a darsi pace e quello che, invece, gli ricorda che questa volta non ha colpe davvero. E’ in treno, è appena uscito dall’ospedale in cui s’è operato ieri a Genova e sta andando a Milano, dove domani prenderà un volo che lo porterà a Jerez. Probabilmente a farsi dire che no, l’eroismo non basta. “Sono abbastanza grande, ormai, da non farmi le illusioni che ti fai da ragazzino – dice al telefono – E credo di avere anche abbastanza esperienza nelle corse da sapere quando i medici ti permettono di rischiare e quando, invece, ti dicono che puoi scordartelo. Ma fan*ulo, io ci provo!” Il riferimento, è chiaro, è alla visita medica di giovedì a Jerez, quando una commissione che tiene conto – giustamente – della scienza dovrà ignorare lo spirito del pilota, che invece correrebbe pure senza il fiato per farlo. Vuole provarci e non fa niente se la mano fa un male bestia.
Ma come stai?
Come uno che si è operato ieri. E’ andato tutto bene, però, certo, la mano non è il posto migliore per farsi male. Però, se mi chiedi come sto, la risposta è ‘arrabbiato’. Perché mi dispiace da matti che è successo proprio questo e proprio adesso. Il dolore c’è, non è poco, ma la rabbia è di più. Col dolore ci fai i conti, con la rabbia un po’ meno. Domenica, dopo essere tornato in Italia, non ho neanche guardato la Superpole Race e Gara2, mi sono detto ‘Danilo, ti fai solo più male, riposati e prova a non pensarci’.
Ci sei riuscito?
A non pensarci? Ma come fai a non pensarci? Ho pure pensato che sarebbe stato meglio se mi fossi fatto male nel cross o facendo qualche cavolata da pilota, invece è stato un elastico da pilates in palestra. Sì, da una parte non c’è il rammarico, appunto, di una qualche colpa, ma dall’altra è ancora più frustrante.
        
    
    
Come è andata?
Stavo facendo degli esercizi per le spalle con questo elastico e praticamente me lo sono dato sulla mano che già in passato avevo dovuto operare e su cui c’erano già diverse viti. Ho avvertito subito che qualcosa non andava, però ho continuato a allenarmi dicendomi che un elastico non può far danni. Poi, finito l’allenamento, mi sono pure fatto vedere e m’hanno detto che era solo una botta, anche se fastidiosa, ma continuavo a non essere tranquillo. Il giorno dopo avevo in programma un allenamento con la moto da cross e sono andato a letto, ma questo dolore non mi convinceva. La mattina, poi, quando mi sono svegliato la mano era una pallone. La radiografia ha dato la sentenza, la frattura era iniziata dalla testa di una delle piccolissime viti che avevo già.
In Portogallo, però, sei andato lo stesso…
Senza denti ci ho corso, volevo provare anche senza mano. Buttiamola a ridere, che è meglio. La verità è che sentivo di doverlo fare, sentivo che non provarci m’avrebbe lasciato un rammarico ancora più grande. Venerdì in prova il dolore è stato tantissimo, ma i tempi erano buoni. C’ho sperato, invece l’osso ha finito di rompersi e sarebbe stato impossibile guidare perché non riesci a fare forza sul braccio. Ero terzo in classifica generale, al mio ultimo anno con una Ducati e una squadra a cui sono legatissimo e a cui devo tanto anche sul piano umano. Dovevo provarci. Così come sento di doverci assolutamente provare a Jerez. Con Barni siamo campioni del mondo tra gli indipendenti, ma il terzo posto in generale sarebbe stato un gran bel regalo da farci.
Così, però, sembra che la metti già persa…
La visita di giovedì mi preoccupa, l’ho già detto. Adesso l’obiettivo è ottenere il fit, ma la vedo dura. Se me lo daranno, però, farò di tutto per salire in moto e provarci.
Senza il venerdì a Estoril sarebbe andata diversamente?
No, non penso. Sarebbe stato lo stesso per quello che è l’infortunio e non sono quarantotto ore in più a fare la differenza. Colpe? Forse una: aver sognato troppo la giornata di domenica a Jerez
Che intendi?
Prima di questo infortunio ero terzo in classifica, con un vantaggio discreto, anche se Alvaro Bautista l’ha già recuperato tutto in Portogallo. Sognavo una gran mia ultima giornata a Jerez sopra una Ducati, con i ragazzi del team a dirci sportivamente ‘addio’ con una grande festa che rendesse onore a questi anni insieme. Sono quei momenti che un pilota aspetta quasi come aspetta una vittoria, perché emotivamente fortissimi e invece… Va be’, abbiamo imparato anche questo: non bisogna fantasticare mai troppo prima. Non è il terzo posto che potrebbe sfumare a bruciarmi perché da quel punto di vista, se guardiamo ai meri risultati, abbiamo fatto qualcosa di grandioso comunque in questo anno, stando sempre dietro a quei due extraterresti che sono Toprak Razgatlioglu e Nicolò Bulega; a bruciarmi è che domenica potrebbe non essere come l’avevo immaginata con il saluto alla mia Panigale e alla mia squadra. Magari in qualche modo ci sarà un’altra occasione, sia con la Ducati che con i ragazzi del team Barni. Sì, ce la meritavamo tutta e tutti una domenica come quella che sognavo.
Guardiamo ancora più avanti: nel futuro c’è la BMW che probabilmente sarà di nuovo campione del mondo e un altro capitolo dell’incredibile storia di Danilo Petrucci da scrivere…
C’è tanto entusiasmo, sarà una gran bella sfida e sono molto contento che con me in BMW ci sarà Miguel Oliveira. Ci conosciamo dai tempi di KTM in MotoGP e abbiamo una guida che si somiglia anche un po’ per alcune caratteristiche, sarà un bel binomio. E è un bel progetto da portare avanti, anche se raccogliere l’eredità di Toprak è anche una di quelle robe un po’ da matto che potrebbero schiacciarti.
In Portogallo, in sala stampa, quasi tutti i piloti hanno detto che l’anno prossimo potrebbe essere un monologo di Nicolò Bulega, che ne pensi?
Temo di sì, ma ovviamente spero di no. Quest’anno Nicolò e Toprak hanno fatto cose disumane e quindi è normale che, andandone uno in MotoGP, tutti scommetterebbero su quello che resta proprio per quello che ha mostrato in questa stagione. Nicolò è di un altro pianeta come è di un altro pianeta Toprak, ma se pensassi di non potergli mettere mai le ruote davanti o di non potermela giocare non sarei un pilota. E non avrei accettato la sfida con BMW. Quindi vedremo, di sicuro, come sempre, farò di tutto per battere lui e chiunque altro.
A proposito di quei due, hai detto di non aver visto Gara2 domenica, ma la polemica innescata da Razgatlioglu l’avrai sentita, no? Esiste davvero una “famiglia Ducati” pronta a aiutare Nicolò con ogni mezzo?
I piloti corrono per vincere, tutti. E’ chiaro che quando qualcuno si gioca il mondiale e tu no stai magari un filo più attento, ma nessuno corre contro nessuno o per favorire qualcun altri. Penso, piuttosto, che a caldo magari si fanno dichiarazioni con le emozioni ancora un po’ troppo vive e a volte ci sta che finisci per dire cose che dieci minuti dopo magari non avresti detto. Quei due, lo ripeto, quest’anno hanno fatto un altro mestiere rispetto a tutti, quindi la partita è stata e è comunque sempre tra loro, perché nessuno ha mai potuto pensare davvero di lottarci e s’è visto anche a Estoril. O arriva primo uno e l’altro secondo o viceversa: volano. E entrambi hanno meritato, poi nello sport vince sempre uno solo e Toprak ha un vantaggio importante, ma i conti nelle corse vanno fatti comunque sempre dopo l’ultima bandiera a scacchi.
Sulla MotoGP, invece, che diciamo?
Che Marc Marquez è campione del mondo e ha fatto una stagione impressionante anche lui. Complimenti a Marc, per quello che ha fatto, per come l’ha fatto e per l’esempio che ha dato sul non mollare e provarci fino all’ultimo filo di fiato anche quando per anni sembra che non te ne vada dritta una. Mi dispiace per l’epilogo di Mandalika e gli auguro di rimettersi presto e nella maniera migliore; purtroppo le corse sono anche queste cose qua, ma di certo non sono io a doverlo dire a lui.
Sulla situazione di Pecco Bagnaia che idea ti sei fatto?
Vuoi la verità? Sono interdetto. Cioè, Motegi mi ha destabilizzato perché quel fine settimana di superiorità così schiacciante ha spazzato via un po’ i dubbi che uno poteva avere sul crollo psicologico e quelle cose lì. Poi la settimana dopo ultimo e a terra con evidenti difficoltà di guida. Davvero non è una cosa che ti puoi spiegare se non sei dentro a tutte le dinamiche. Quindi non so che dire. Quello che è certo è che Pecco è un campione, non vinci due titoli mondiali solo perché hai la moto migliore o perché sei più fortunato degli altri, quindi non metterei mai in discussione il pilota che è e il talento che ha. Sicuramente quest’anno non s’è mai trovato davvero con la moto e non so se è perché magari hanno dato più ascolto a Marquez dopo i test invernali sui setting di base o per le differenze, anche se minime, che ci sono con la Desmosedici dell’anno precedente. Non ne ho idea: a volte sembra come se avesse lo sterzo bloccato, ma davvero non saprei che dire se non che Pecco, appunto, è un campione. Magari è stato solo un anno terribile di quelli che possono capitare non per una ragione, ma per un insieme di piccole ragioni, circostanze, situazioni e sfortune.