Il calvario è cominciato ormai due anni fa, a Jerez e già prima della prima operazione il Dottor Costa aveva provato a dire che la strada presa poteva non essere quella giusta. Lo aveva fatto con garbo, a modo suo, con quella grazia che da sempre contraddistingue un uomo e un medico che ha saputo diventare l’eroe dei suoi eroi, ma che senza fare il minimo rumore aveva anche saputo uscire di scena quando il tempo e qualche acciacco gli hanno suggerito di uscire di scena. Il Dottorcosta era già fuori dal paddock e dalla sua Clinica Mobile da un bel po’ di tempo quando a Jerez, nel 2020, un Marc Marquez indemoniato, in piena rimonta da fenomeno vero, è inciampato sulla fallibilità degli uomini (e dell’elettronica della Honda). Era fuori dai giochi, il Dottorcosta, eppure, sfruttando i megafoni di quelli che lo avevano contattato per chiedergli di più sull’infortunio di Marc, aveva trovato il modo di mettersi a disposizione. Aveva trovato il modo per dire che rimettersi subito in moto per correre quella stessa gara poteva non essere la più saggia delle decisioni. E, ancora di più, aveva trovato il modo per dire che l’intervento chirurgico a cui Marquez si sarebbe sottoposto da lì a pochi giorni andava ponderato con il cuore, e non solo con le certezze della scienza.
Il Dottorcosta avrebbe messo un perno e non una piastra come mezzo di sintesi per ricomporre la frattura. Troppo alto il rischio di una infezione. E puntualmente quell’infezione è arrivata. “Sono a disposizione, se Marc Marquez vuole sa dove trovarmi” – aveva ribadito quasi con timidezza il vecchio dottore quando il fenomeno di Cervera è finito in sala operatoria una seconda volta e poi ancora una terza. Mai un rimprovero, mai un “te l’avevo detto”. Ma sempre un “io ci sono”. Prima i grandi luminari, poi il medico di Nadal e, adesso, dicono una clinica americana che ricorre a metodi futuristici per compiere miracoli ortopedici. Gli toglieranno un pezzo di osso dall’omero, stando a quanto si dice, e sarà l’ultimo tentativo. Perché Marc Marquez non può correre così, perché Marc Marquez non è uno fatto per arrivare dietro e combattere con i mediocri. Lo sappiamo noi che amiamo questo sport anche adesso che è orfano di Valentino Rossi, lo sa benissimo Marc Marquez e lo sa anche il Dottorcosta.
Ieri lo abbiamo chiamato, pochi minuti dopo la conferenza stampa in cui Marquez e Puig hanno annunciato che anche questa stagione è finita in anticipo per l’otto volte campione del mondo. “Non sono informato – ci ha detto il Dottorcosta – Non posso parlare di qualcosa che non so bene, ora l’unica cosa che posso dire è che mi dispiace e mi dispiace tantissimo per Marc, perché quel ragazzo non merita tutto questo e perché chi ama le corse in moto non merita di vedere un pilota così fuori dai circuiti e dalla lotta in pista”. Avrebbe potuto metterci il carico, avrebbe potuto far pesare il non avergli dato ascolto e l’averlo ignorato. Invece s’è limitato a un “mi dispiace”. Come un fa un signore vero, come fa uno che davanti alla scienza ci mette i sentimenti. L’empatia e, se vogliamo, la capacità di spartire la sofferenza con chi, come Marc Marquez, in quel momento sta soffrendo. Non ha colpe Marc Marquez, semmai è la vittima: del suo istinto, del suo fuoco, della sua fame cieca di vittoria e pure di HRC che l’ha trattato come si tratta la carne da macello. E se ne ha una, di colpa, è nella telefonata che non ha fatto, proprio al Dottorcosta, non fosse altro che per sentire una campana in più.
Una campana che sarà pure vecchia e fuori uso, ma che quando suona risulta ancora armonica, perfettamente accordata tra scienza, cuore e motori che girano in alto. Ce lo ha dimostrato anche ieri quando, dopo averci detto di non essere abbastanza informato per parlare del nuovo intervento chirurgico a cui Marquez dovrà sottoporsi, ci ha lasciati con una promessa: “Vedrò di capire bene cosa è successo, richiamatemi tra un po’”. L’abbiamo fatto, ovviamente, e questa mattina il Dottorcosta ci ha spiegato che adesso, con la nuova operazione, Marc Marquez potrebbe stare fuori dai 4 ai 6 mesi. Ma con un ma: “Si è rivolto alla migliore clinica al mondo e con un buon mezzo di sintesi, che potrebbe essere la compressione, potrebbe farcela anche in tre mesi. Marquez è capace di miracoli e seguendo il giusto percorso potremmo rivederlo in pista prima della fine di questo mondiale. Premetto, però, che parlo sulla base delle informazioni raccolte dalla stampa e da qualche amico giornalista, non ho in mano le sue cartelle cliniche, ma mi pare di capire che le piastre applicate nelle prime operazioni dopo Jerez saranno definitivamente tolte. Poi si procederà all’osteotomia, che è la rimozione di una parte di osso, per ritrovare la posizione fisiologica della spalla e le corrette rotazioni. È un intervento delicato, che ha i suoi rischi, ma credo che a questo punto sia assolutamente necessario. Di sicuro la carriera di Marc Marquez non finirà qui e non c’è ragione, almeno al momento, per pensare che non potrà tornare a vincere. Chi afferma questo non conosce i piloti e la loro anima indomita”