Mancano quattro GP alla fine del motomondiale, a giocarselo sono tre piloti Ducati. Anche se la matematica non esclude ancora Marco Bezzecchi, ci sono buone possibilità che sarà una questione tra Francesco Bagnaia e Jorge Martín: a dividerli sono 27 punti, un niente, specialmente considerando che a ogni GP di punti se ne assegnano 37. Per quanto nessuno abbia ancora trasformato la sfida in un derby Italia - Spagna, è evidente che la nazionalità dei due piloti è un tema centrale in questa corsa al titolo, lo è almeno quanto la differenza tra i due piloti: uno campione del mondo in carica nel team ufficiale, l’altro talento cristallino che un posto in quella squadra l’ha visto sfumare a metà dello scorso anno. Bagnaia vuole imporsi di nuovo e Martin vendicarsi, o meglio dimostrare a Ducati che preferirgli Enea Bastianini è stato un errore. In Italia il pubblico è abbastanza diviso, anche perché a guardare le corse sono appassionati di ogni genere: c’è quello che tifa un pilota, chi ne odia un altro, chi simpatizza per il costruttore, chi vuole vedere solo un bello spettacolo o, per dirla alla Heath Ledger nel suo ultimo lavoro, gente che “vuole solo veder bruciare il mondo”. In tutto questo c’è anche (da sempre) chi non sopporta la telecronaca: vuoi per traumi pregressi, per antipatia, per partito preso, le motivazioni sono diverse anche qui. Sta di fatto che per qualcuno i commentatori sono troppo schierati, troppo attenti a favorire i piloti italiani. Che sarebbe come pretendere da Caressa e Bergomi di tifare Francia quando la Francia gioca con l’Italia.
L’ironia in tutto questo sta nel fatto che altrove questo problema non se lo sono mai posto: Ernest Riveras, che semplificando un po’ è il Guido Meda di Spagna, nelle sue telecronache è palesemente schierato e nessuno ne fa una questione. Te ne accorgi in un video pubblicato da Jorge Lorenzo, in cabina di commento per il GP d’Indonesia, quando cade Jorge Martin a 11 giri dalla fine.
Era lo stesso fino a qualche anno fa, quando la televisione britannica BT Sports raccontava la MotoGP e al centro di buona parte dei discorsi c’era Cal Crutchlow. È anche, sembrerà ovvio ma evidentemente non lo è, il motivo per cui un pilota dal passaporto esotico ha più possibilità di trovare una sella nel motomondiale: la gente vuole sentire le storie dei propri compaesani, perché il patriottismo sportivo non è politica ma indole e Dorna vuole vendere diritti televisivi.
Da noi è diverso, Meda e Sanchini sanno perfettamente che devono restituire una narrazione il più possibile oggettiva per non far agitare nessuno. Ci provano sempre e magari ogni tanto non ci riescono, ma tra tutti i paesi che trasmettono la MotoGP sono forse i più oggettivi, anche rispetto alla telecronaca ufficiale se consideriamo i tempi in cui a lottare per vincere c’erano gli inglesi. Tutto sommato però, meglio così.