Per capire davvero com’è stata concepita la nuova Vespa Officina 8 bisogna andare al minuto 72 del film “Mediterraneo”, quando il tenente Carmelo La Rosa riparte con il suo aereo di ricognizione dalla spiaggia di Kastellorizo, lasciando in dote al sergente maggiore Nicola Lorusso (Diego Abatantuono) e al resto del plotone italiano abbandonato da tre anni (“Minc*ia, tre anni”) sull’isola greca, una sola frase: “Io segnalo la vostra presenza al comando, può essere che una nave arrivi a prendervi ma non è detto, perché c’è fermento. C’è grande fermento”.
Il grande fermento ribolle in Italia, dove la fine della guerra porta con sé sentimenti di ritrovata liberta e di fiducia nei confronti di un futuro tutto da costruire. In Toscana, viene immediatamente ricostruito lo stabilimento Piaggio di Pontedera, che prima del conflitto contava quasi dodicimila operai e che fino a quel momento produceva, appunto, velivoli. Enrico Piaggio sfrutta il supporto dei fondi del Piano Marshall, vede l’eccitazione dei pochi impiegati superstiti (una settantina) e si convince definitivamente a dirottare il settore d’appartenenza della sua fabbrica: basta con l’aeronautica, serve un qualcosa di più vicino alle esigenze degli italiani, serve un veicolo che possa rimetterli in strada, la priorità è farli sentire a loro agio a terra, non in cielo. Nel 1946, ad una manciata di settimane dal referendum istituzionale, l’officina numero otto dello stabilimento toscano rilascia la primissima Vespa.
L’Officina 8 è il reparto sperimentale di Pontedera. Il caveau di Piaggio, la camera dei segreti, la cassaforte blindata che da ottant’anni coltiva gemme preziose: lì hanno preso forma tutti i modelli di Vespa possibili ed immaginabili, dalla numero uno alla Special, passando per la “98 Corsa”, che negli anni cinquanta stabilì diciassette record di velocità e durata, togliendosi anche lo sfizio della vittoria nella mitologica gara off-road della “Sei giorni”. Nell’Officina 8 potevano accedervi solamente i migliori progettisti, designer, meccanici, collaudatori. Avere il permesso di varcare le soglie di quello spazio protetto è sempre stato motivo di orgoglio e di responsabilità a Pontedera. Per riuscirci, sin dagli albori, dovevi avere appuntata sulla tuta da lavoro un’ambitissima spilla blu, circolare, coi bordi in ottone e trapuntata al centro da una simbolica scritta: “Piaggio 8”. Solo con quella, potevi passare. Solo con quella, potevi sentirti completamente libero.
Su internet non troverete immagini della stanza del mistero. Non saprete mai quanto è grande, come è arredata, chi la frequenta, dove è allocata all’interno dell’estesissimo impianto di Pontedera. Se chiedete agli uomini di Piaggio, beh, loro terranno la bocca ben cucita. Potreste trovare qualche spunto all’interno degli archivi storici dello stabilimento, ma anche quelli sono tenuti ben nascosti, mimetizzati tra altre centinaia di faldoni, camuffati dai batuffoli di polvere. Oppure, per conoscere il segreto, potete acquistare la nuova Vespa Officina 8. Vi consegneranno l’Owner’s Book, un volume contenente le foto e i documenti originali più esclusivi dell’Officina 8. Nel welcome kit, saranno presenti anche un casco jet, una giacca a vento, una felpa hoodie, una t-shirt girocollo e un paio di guanti. Si tratta di un corredo ispirato all’estetica workwear, rappresentata dalla “V” di Vespa, rivisitata in chiave manifatturiera: è stilizzata, scomposta, saldata con viti e bulloni.

Soprattutto, vi consegneranno la nuova Vespa. Ce l’hanno svelata sulla spiaggia appartata di Théoule sur Mer, a pochissimi chilometri da Cannes. È blu, un blu profondo, che viene da lontano, che comunica una ricerca, uno studio, un lavoro intenso. Lo chiamano blu industriale, stessa tonalità del tornio dell’Officina 8 di Pontedera, ma anche simile al colore del mare quando il cielo è sereno e il fondale scoglioso, proprio come accade qui, in Costa Azzurra. E poi è opaca, particolare che rende questa Vespa torbida, ma non nel senso di disonesta: si tratta di una gradazione inafferrabile, inaccessibile, che fatichi a catalogare nella tavolozza cromatica predisposta in mente. In poche parole, il blu industriale opaco di Officina 8 non ti stanca mai. È così fugace da diventare attraente.


L’attenzione al dettaglio degli uomini di Piaggio emerge prepotentemente in tutte le angolature da cui Vespa Officina 8 si lascia guardare. A partire dal logo, circolare, in ottone e resina blu, che è un richiamo inevitabile a quella spilla passepartout di cui sopra. L’ottone si ripresenta anche nei cerchi ruota, nei rivetti lucidi che fissano la sella così come si faceva una volta, nella doppia cucitura a contrasto di una seduta super imbottita e composta da termosaldature orizzontali. Lungo il filo diretto che collega questo nuovo modello di Vespa al cuore dello stabilimento Piaggio di Pontedera ci sono anche le finiture, in metallo satinato, e i profili del faro posteriore, in alluminio. Vespa Officina 8 sbarcherà tra pochissimi giorni nei concessionari italiani a partire da 4.499 euro IVA inclusa, in due versioni: la Primavera – nelle cilindrate 50, 125 e 150cc – e la Gtv 310, con l’inconfondibile faro basso accoppiato al manubrio con tubo a vista, un look reso ancora più sportivo e potente dalla cover rigida in tinta carrozzeria.


In conclusione, bisogna precisare una cosa: quando si parla di Vespa si scade quasi sempre nell’associarle un sentimento genericamente nostalgico, una simpatia legata ad un passato che non tornerà più. Invece a Pontedera continuano a sperimentare, a tenere vivo quel fermento dirompente del 1946, a ricordarci che siamo sempre in tempo per produrre qualcosa di bello. Alla fine di “Mediterraneo” il sergente Nicola Lorusso, per strappare il tenente Farina dalla diserzione e convincerlo a tornare in patria, si gioca la carta fermento: “Sta cambiando tutto, c’è da rifare l’Italia, ricominciamo da zero. C’è grande confusione sotto al cielo, la situazione è eccellente. Dai, andiamo, costruiremo un gran bel Paese per viverci”. Il tenente Farina, disilluso, replica: “Io qui mi sento vivo finalmente. Loro si sono dimenticati di noi? E io adesso voglio dimenticarmi di loro!”. Se l’Italia solo a sprazzi ha mantenuto quel fermento, quella fiducia in un futuro migliore e quelle promesse del secondo dopoguerra, tra questi sprazzi c’è sicuramente Vespa. Vespa ancora oggi, a Pontedera, produce tutte le moto che vedete sfilare sugli asfalti europei e americani. Vespa che non si è mai dimenticata di noi, del popolo, di ciò che desideriamo veramente. Vespa che continua a portarci sulle spiagge più belle del Mediterraneo.